venerdì 29 Marzo 2024
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Soficoop. “Presto senza casa, con un fratello in ospedale”

SOMMA VESUVIANA. La storia della famiglia Colini, una delle 50 che il 24 giugno resteranno senza casa coinvolte nel caso Soficoop.

Una famiglia quella dei Colini che dal 24 dicembre è caduta in un incubo per l‘incidente di Alfonso. A scriverci una lettera, che di seguito pubblichiamo, è la sorella Marinella. Uno spaccato di vita di una situazione davvero critica. Mi chiamo Marinella e sono cresciuta in una casa che di fatto non è mai stata mia, o meglio nostra, perché io nel complesso Soficop, nell’appartamento pagato con i sacrifici dei miei genitori ci sono cresciuta con i miei due fratelli Alfonso 39 anni e Ivano 35. Oggi i miei genitori come le sessanta famiglie di quel complesso, rischiano di perdere la casa. Poco importa che l’abbiamo pagata, poco importa che debbano perdere parte del loro vissuto e poco importa se proprio adesso stanno affrontando la situazione più triste è difficile della loro esistenza.
Mio fratello Alfonso è rimasto vittima di un incidente stradale il 24 dicembre scorso, ed è a tutt’oggi in condizioni alquanto delicate. In seguito ad una emorragia celebrale fu costretto in un coma farmacologico, se da un lato questo gli ha salvato la vita, dall’altro gli ha conseguito problemi psico-fisici ed è stato trasferito nella clinica di Montecatone ad Imola. Ovviamente i miei genitori per seguirlo si sono dovuti trasferire nelle vicinanze dell’ospedale e sostenere delle spese esose, per non parlare della componente psicologica che li ha distrutti moralmente e fisicamente. Immaginate un attimo come ci si può sentire quando ci si rientra a casa dopo un estenuante viaggio e trovarsi all’uscio l’esattore che vuole mostrare la tua casa, ormai all’asta, ad ipotetici acquirenti. Questo è successo a mia madre al suo rientro la settimana scorsa.
La domanda che mi pongo è questa “al rientro di mio fratello dalla clinica, senza una CASA come potrà la mia famiglia creare le situazioni ottimali per lui, e ricominciare da zero? Ho una madre che opera nella Caritas per aiutare la comunità di Somma Vesuviana e anche fuori paese. Una donna cattolica e piena di fede, caritatevole a tal punto di dare del cibo ai senza tetto, noi li chiamiamo barboni lei li chiama fratelli.
E’ proprio lei che dà una speranza a queste povere persone rischia con una situazione del genere di ritrovarsi senza un tetto senza dignità. Sono esausta, delusa, indignata.

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