venerdì 19 Aprile 2024
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Roghi ai rifiuti, la Terra dei Fuochi brucia più di prima

Terra dei fuochi, estate da bollettino nero: continuano senza sosta i roghi. “L’inferno sceso in terra” la prima dichiarazione dell’attivista Miriam Corongiu.

Un bollettino di guerra questa estate sul fronte dei roghi tossici, una situazione in netto peggioramento rispetto agli anni passati. Ormai gli incendi dei rifiuti non si contano più, tra quelli registrati e quelli segnalati dagli attivisti sono davvero tanti, troppi. I paesi più colpiti purtroppo sono sempre quelli compresi tra la fascia di Napoli nord (Acerra, Caivano e Giugliano) e quelli della cinta di Caserta sud. Non solo le città che fanno parte della Terra dei Fuochi ma anche quelle al di fuori del famoso “patto” sono state interessate dagli atti incendiari, giusto per capirci non ultimo quello verificatosi ad inizio agosto, il più significativo, in un’area periferica di Sant’Anastasia, nello specifico a via Macedonia, ad “andare in fumo” un cumulo di rifiuti abbandonati.

“L’inferno sceso in terra, sembra che dal 2012 non sia cambiato niente” la prima dichiarazione dell’attivista Miriam Corongiu, sempre in prima linea contro l’inquinamento ambientale. E’ lei uno dei volti, anzi uno dei guerrieri, che in questi anni ha camminato sui terreni più inquinati e che ha intrapreso le battaglie più difficili, lei l’amazzone di Stop Biocidio e Rete di Cittadinanza e Comunità. “Le denunce sono molte”, continua “oggi i cittadini che si lamentano attivamente sono tantissimi, il problema è che non c’è un adeguato controllo del territorio nonostante siano stati stanziati 50 milioni di euro per le iniziative preventive 7 dei quali per le telecamere di videosorveglianza, che però non sono serviti quasi a niente visto l’aumento degli incendi”. A dimostrazione di questo, dai roghi quest’estate non sono stati risparmiati neanche i siti di stoccaggio, infatti l’incendio più gravoso si è verificato a Battipaglia il 3 agosto scorso. Anche le recenti circolari del ministro all’Ambiente Sergio Costa atte a gestire i controlli in quelle aree e le norme di sicurezza, non sono riuscite ad arginare il fenomeno. Purtroppo l’aumento dei roghi di quest’ultimo periodo è da ricondurre anche ai rallentamenti degli stir e alla manutenzione “programmata” dell’inceneritore di Acerra. Corongiu ci spiega “programmata” perché da contratto si prevede che l’impianto vada in pausa per un determinato periodo di tempo, cosa che sembrerebbe andava fatto già qualche anno addietro. Purtroppo capiamo che andrebbe riprogrammato tutto il ciclo dei rifiuti, bisognerebbe intraprendere una politica di “economia circolare”, ovvero come riporta la Camera dei deputati “In cui si riduce progressivamente la quantità di risorse, materie ed energie impiegate nei processi produttivi, con una riduzione dei livelli di emissioni di biossido di carbonio”. In sintesi l’ Unione Europea prevede una “gerarchia di rifiuti” ossia un attuazione della prevenzione, preparazione per riutilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo e come ultimo step lo smaltimento con conferimento in discarica.

Politica “green” però ancora molto lontana dalla nostra, dove la maggior parte dei rifiuti solidi urbani è priva di qualsiasi trattamento o riciclo e finisce direttamente nelle discariche, provocando continue “crisi” del settore. Altra tensione in atto è quella creata per l’individuazione dei siti di compostaggio “temporanei” che saranno utilizzati durante il fermo del termovalorizzatore acerrano. Il timore tra i cittadini e gli attivisti, date le esperienze passate, è che queste aree destinate alla raccolta dei rifiuti in questo breve (si spera) periodo non diventino permanenti. Anzi la paura che i rifiuti rimangano in questi siti per tempi prolungati è molto alta, perché se così fosse, l’impatto ambientale ne risentirebbe ancora più, soprattutto in quelle zone già in ginocchio come ad esempio Caivano. Lo stazionamento dei rifiuti per periodi prolungati non farebbe altro che accrescere la probabilità di incendi e di inquinamento, soprattutto a causa della fermentazione e della produzione di percolato, che se accidentalmente finisse nel sottosuolo non farebbe altro che incidere negativamente sul disastro ambientale già in atto. Perché purtroppo l’inquinamento non si arresta con la conclusione di un rogo, ma le particelle cancerogene rimangono nell’ambiente per tempi abbastanza lunghi, anni addirittura,. Insomma leggi, controlli e impianti andrebbero rivisti in maniera capillare, Miriam ci dice: “Il Governo dovrebbe affrontare questa situazione come nel passato ha contrastato il terrorismo. L’unica lotta che non si può vincere è quella che non si è abbracciata. Ognuno deve prendersi la responsabilità del territorio in cui vive ogni giorno, non soltanto nelle situazioni di emergenza. Bisogna programmare le attività sul territorio e rigenerare l’economia dal basso. L’invito è quello di contattare i gruppi già attivi per lavorare insieme”.

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