sabato 20 Aprile 2024
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Da profumeria a salotto letterario, il 21 a S.Anastasia

SANT’ANASTASIA. Un salotto letterario ospitato in una profumeria per la seconda edizione del premio “Martin Hiedegger” Viral Perfume rare essence.

Location la profumeria “Francesco Magnetta Concept” di via d’Auria a Sant’Anastasia, appuntamento il 21 luglio alle ore 19, ad organizzarlo l’associazione Action trade Italia. Nel corso della serata dedicata al “Salotto Culturale” che ha il patrocinio del Consiglio regionale della Campania si discuterà dei libri “La Scala dell’estasi: dalla carne allo spirito” con l’autore Riccardo Di Salvo (e Claudio Marchese) e Vincenzo Di Segni presenta il romanzo “La cena di Audrey”.

“La cena di Audrey”
In una sera già vestita d’estate non ci costa nulla rinunciare allo shopping. Diversamente dagli anni Ottanta, oggi il vero lusso è il tempo libero. Quello che ci permette di isolarci dalla catena di montaggio del lavoro, degli impegni reali o virtuali che ci connettono con la massa. Che bello poter fare del nostro spazio un’isola su cui incontriamo quelli come noi che antepongono l’essere all’apparire! Il filosofo e semiologo Roland Barthes definì l’esperienza della lettura “il piacere del testo”. Leggendo, proviamo lo stesso godimento provato dallo scrittore. Sempre attuale l’invito dannunziano “ricorda di godere sempre”. Ora ce lo rinnova Vincenzo Di Segni. Romanzo – saggio, “La cena di Audrey” sembra alludere a una serie numerosa di opere letterarie in cui il cibo è protagonista di eventi legati alla sfera del piacere spinto all’eccesso. Dal connubio vino e sesso della lirica greca di Alceo e Saffo all’edonismo enogastronomico del “Satyricon” di Petronio, dai banchetti orgiastici dei libertini del Marchese De Sade alle cene estetizzanti dei dandy dell’Ottocento, è tutto un proliferare di canti alleluiatici in onore del piacere della tavola e dell’alcova. Ognuno degli autori in questione ci ha dato la propria interpretazione dei misteriosi nessi tra cibo ed eros. Quella personale di Vincenzo Di Segni è rigorosamente filosofica, nel suo senso etimologico: amore della sophia cioè della sapienza. La storia narrata nel romanzo ha una trama non lineare. Si dipana come un gomitolo attraverso frequenti flash-back, vere e proprie “illuminazioni” nel senso indicato dai simbolisti. Ed ogni flash-back è un tuffo nell’abisso della “memoire involontaire” di ascendenza proustiana, nonché una continua riflessione sulla temporalità dell’essere che ci rimanda ad Heidegger e all’affermazione della gioia di vivere del dionisiaco Nietzsche.

“Il Pescatore di Kalkan”
Il Pescatore di Kalkan è un romanzo avvincente per il suo stile narrativo caratterizzato da metafore, allegorie, similitudini, simbolismi, iperbole che sono come fragranze pure che inebriano il mondo. Con i dettagli che esse incorporano nella sublime sintesi linguistica sono espressione di una “verità”, sono come isolotti nel mare del mondo emotivo che diventano strumenti di conoscenza di se stessi creando immagini di forte carica espressiva.
La narratività è impreziosita da queste “essenze emotive” che formano un mosaico di segni che attivano una relazione di significazione di sé.
Il gnōthi seautón (conosci te stesso) si fa strada in Tina – giornalista in carriera – che come una pantera ben si districa nei meandri dell’oscurità dell’esistenza umana, negli abissi dell’interiorità per poi risalire come una sirena con una visione di sé senza sedimenti.
L’espressione passionale di Zorayr – pescatore turco – risveglia in Tina la consapevolezza delle possibilità intrinseche della corporietà che solo il sesso può destare.
Il sesso, nella sua primordiale eloquenza, il contatto carnale con Zorayr, il “Totem” di Zorayr diventa per Tina il sacro lingam, la “bacchetta di luce”, un silenzioso invisibile linguaggio del corpo che cela la verità e che solo l’anima può riconoscere.
Zorayr sprona a vedere il durevole, non il fugace. La completezza, non la frammentarietà. Con Zorayr Tina è come se ricomponesse le parti spezzate della totalità del suo essere, bisognoso di benessere. Il loro è un Amore vero che risveglia l’autenticità della vera realtà che Tina individua in Zorayr. E’ con l’ausilio di questa forza della natura rilevata in Zorayr che per Tina è possibile raggiungere il puro piacere, l’estasi, che sostiene e determina il suo equilibrio psico-fisico.
Avvolto in semplici elementi di aria-acqua, la semplicità di Zorayr per Tina diventa la chiave di accesso per il suo volo interiore, soprattutto dopo l’esperienza Milanese. Il linguaggio qui prende forma diventando espressione del vero essere in quanto esistenza.
Tina ripercorre la sua storicità evocando aneddoti familiari e rintracciando in essi il bene supremo. Passa poi all’analisi dell’intimità affettiva giungendo alla comprensione della propria condizione umana luogo in cui la sua coscienza senza maschera in silenzio si palesa e con dinamismo ed esperienza diretta sprofonda nel proprio “insight” (profondità) dove il dialogo sessuale diventa civiltà e forma di un progetto.
L’azione energetica che fluttua tra i due protagonisti è il cielo stellato pulsante di energia e vitalità pervaso dall’Amore che li rende liberi come un gabbiano in volo dal mondo consumistico omologato massificato globalizzato. Anche se in realtà ciò vale più per Tina che per Zorayr.
Tuttavia, insieme sfidano e superano gli ostacoli che la società liquida – per dirla alla Bauman – ha dissolto nel magma multimediale il tempo della conoscenza, la pausa della riflessione, la catarsi dello scambio, trasformando l’uomo da protagonista a consumatore.
Una società così globalizzata genera impotenza nelle relazioni, nelle emozioni, negli slanci; un uomo sempre meno tale è sempre più prigioniero di un reticolo di leggi invisibili. Quando il pensiero è reso impotente, la sfera più intima e sensibile dell’essere si rinchiude in se stessa, implode.
L’agorà è vuota, qualcuno c’è ancora. Zorayr e Tina.

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