giovedì 1 Maggio 2025
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«De Pretore Vincenzo» interpretato da Mariano Rigillo, in memoria di Eduardo

POMIGLIANO D’ARCO. Trent’anni dalla scomparsa di Eduardo, Pomigliano d’Arco ricorda il genio del teatro con il monologo «De Pretore Vincenzo» interpretato da Mariano Rigillo.

Di omaggi e ricordi, nel trentennale della sua morte (31 ottobre 1984), ve ne sono stati tanti, in tutta Italia: ancora oggi il teatro di Eduardo è vivo e Pomigliano lo ricorda così, con il suo «Vincenzo De Pretore» interpretato da uno degli attori più versatili dei nostri tempi. E Rigillo ha strappato applausi, con lo stesso testo, anche nell’interpretare lo stesso monologo nell’aula del Senato, durante il ricordo tenutosi a Palazzo Madama, dove Eduardo sedette da senatore a vita.  Ora lo riproporrà nell’aula consiliare del municipio di Pomigliano d’Arco, alle 18 di venerdì 12 dicembre, nel corso dello spettacolo «Omaggio ad Eduardo»  con Annateresa Rossini, Emilia Zamuner (voce) e Antonio Cece alla chitarra. L’ingresso sarà aperto a tutti e gratuito. «Invito tutti i concittadini a vedere questo straordinario attore – dice Roberto Nicorelli, assessore alla cultura nella giunta del sindaco Lello Russo – il monologo di De Pretore* interpretato da Mariano Rigillo esprime il vero senso della napoletanità di Eduardo e di tutta la sua drammaturgia».  L’opera è stata rappresentata per la prima volta nel 1957 – tratta da una poesia che Eduardo scrisse quasi dieci anni prima – e fa parte  del gruppo «La Cantata dei giorni dispari».

*Vincenzo De Pretore, stesura in prosa di un poemetto dello stesso Eduardo, è la storia di un ladruncolo napoletano, figlio di padre ignoto, che vive tra le miserie e alle tentazioni dei vicoli di Napoli. Ladro di professione, rasserenato dalla convinzione di avere ottenuto la benedizione a rubare da San Giuseppe, è tranquillo, si sente «raccomandato» dal Santo. In un “sogno” rivelatore, in seguito al fallimento di un colpo, Vincenzo si trova a dover giustificare al Signore in persona, le ragioni della sua vita votata al furto di destrezza. Le privazioni, gli stenti, la solitudine, l’abbandono e ogni altra forma di miseria civile e materiale, sono gli ingredienti del pasto amaro, della fame che induce De Pretore a scegliere il furto come strumento per affrancarsi dalla povertà. Nel dialogo con il Padreterno, De Pretore lo convincerà della sua buona fede, tanto da approvare la presenza in Paradiso di un ladro punito dalla legge terrena.

 

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