Quando si è trovata il figlio con il piede completamente ustionato voleva essere ascoltata, voleva che quanto accaduto non passasse sotto silenzio, soprattutto perché la vittima è un ragazzo “fragile” che quando è rimasto ferito era in un posto in cui avrebbe dovuto essere al sicuro. Ed è stata ascoltata dal comandante della Compagnia dei carabinieri di Carpi, Alessandro Iacovelli, oggi maggiore in servizio al Comando provinciale di Roma. Un sostegno che ha permesso alla donna di sentirsi sicura nel presentare quella denuncia che, ai primi di agosto di quest’anno, ha portato alla condanna di 400 euro di multa (oltre al pagamento delle spese processuali a carico dell’istituto di Mantova dove si è verificato l’episodio) di una educatrice di 54 anni, ritenuta responsabile del reato di lesioni personali (il Tribunale non ha però stabilito alcun risarcimento né provvisionale per la parte civile).
La donna, nel 2019, si era presentata ai carabinieri perché suo figlio, disabile al 100%, era tornato a casa dall’istituto che frequentava, senza una scarpa e con un’ustione di secondo grado al piede. “Ho iniziato questo processo 5 anni fa”, spiega, “è stato lungo e i processi sono mai cose piacevoli, ma non potevo girare la testa dall’altra parte e fare finta che non fosse successo nulla o avere paura di affrontare certe situazioni. Avevo il dovere di tutelare mio figlio, che è un ragazzo disabile che non verbalizza. E bisogna rendersi conto che nelle forze dell’ordine si può avere sostegno nei momenti difficili. All’epoca il capitano Iacovelli ci è stato vicino e non ha mai smesso di interessarsi alla vita di mio figlio. Quel giorno, il 23 luglio 2019, andai a prendere mio figlio, allora 17enne, come tutti i giorni, al casello dell’A22, riaccompagnato a casa dalla Croce Rossa di Mantova. Era senza una scarpa e aveva una grossa vescica in un piede. Gli accompagnatori mi dissero che l’educatrice lo aveva portato sul piazzale della scuola con un piede scalzo e che lo sfregamento sull’asfalto rovente gli aveva causato una grossa vescica. Mio figlio è “non verbale”, dicevo, e dunque per esprimere dolore si morde il palmo della mano, ciò che faceva continuamente quel giorno, mentre lo portavo in ospedale. Al pronto soccorso gli rilasciarono una diagnosi di ustione di secondo grado con una prognosi di 20 giorni. Dopo quell’episodio chiesi che quella educatrice venisse allontanata da ragazzi con disabilità come quella di mio figlio, perché per me non era idonea a trattare persone così fragili. Invece non solo nessuna scusa da parte dell’istituto – aggiunge – ma addirittura il primo giorno di scuola, a settembre, l’ho ritrovata ancora al suo posto, come se non fosse successo nulla”.
Oggi però la decisione del Tribunale ristabilisce la verità. “Ho aspettato 5 anni per avere una sentenza di condanna”, conclude la donna, “non importa quanto lieve, ciò che importa è che quanto è accaduto non passi sotto silenzio”.
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