Claim motivazionali, ma anche massime di vita per non “bruciarsi” da giovani. A salire in cattedra ora ci si mettono pure i Casamonica. Lui è Diego, in arte Marco, 44 anni, qualche trascorso giudiziario e una redenzione di innominata memoria. Si atteggia su TikTok, seguito da quasi centomila followers.
Testa rasata ai lati, capelli raccolti in un codino da samurai, barba da guru: i suoi celeberrimi saluti di benvenuto («bella regà») e di congedo («daje a treni», divenuto un vero e proprio brand con tanto di logo impresso sopra una t-shirt venduta in un negozio di Roma) accompagnano numerosissimi video rivolti a migliaia di ragazzi. Perlopiù giovanissimi. Tra i più celebri: «pe’ me l’invidia è l’anticamera dell’infamità. Pe’ me un pischello se è in gamba è meritevole, ma mai montasse la testa». E poi tante altre perle, alcune di rara bellezza: «non scambiate mai la bontà per scemità», «ricordateve sempre: chi sa giurà, sa pure mentì», «la vita è ‘na tempesta e che piallo al c**o è un lampo». E ancora: «ricordateve sempre che amore e amicizia non è solo quando se magna e se beve. Devi vedè pure quanno c’è da sparecchià chi te rimane vicino, non ve lo scordate mai» e «non ve fidate mai dei finti perbenisti, ma fidateve sempre de chi ve guarda le spalle. Vecchia scuola regà, daje».
Ma c’è spazio per altro: si va dalle citazioni d’autore («mamma mia diceva: se i favori era boni, se prestavano pure le mogli» e «come dice mi sorella, chi non regge il confronto, vuol dire che vi teme. È vecchia scuola, regà») alle riflessioni introspettive («ricordateve sempre: quando se fanno dei gesti belli, o aiuti qualcuno, nessuno te obbliga. Se l’hai fatto è perché t’annava, non t’aspettà niente in cambio» oppure «ma che famo de ‘sti quattro rapper? Raccontamo qualcosa o sorvolamo? Questi cantano la sofferenza, il carcere e la strada, ma manco sanno de che ca**o stanno a parlà. Roba che se li fermano, se cantano pure l’Ave Maria al contrario»), ma è oggettivamente impossibile mettere giù tutte le sue chicche. Armi di distrazione di massa (giovanile) per le quali, talvolta, si è addirittura aperto qualche dibattito: «spesso me chiedete che vuol dire “daje a treni”. Vuol dire motivazione, motivazione de annà avanti, de faccela, de non mollà mai, de rialzasse sempre, e vedè sempre chi sta peggio de noi. Noi semo vivi e c’avemo la salute, che non è poco. Quindi “daje a treni” ce sta tutto». Oppure: «non bruciatevi subito, la vita va vissuta giorno per giorno, con gli step giusti», «panza piena non crea digiuno, se potemo da ‘na mano a un amico meritevole, damojela, la vita è ‘na rota» e «chi ve lascia nei momenti difficili non se merita de sta co’ voi nei momenti felici».
Insomma, un prontuario multimediale da diffondere urbi et orbi direttamente dalla sua villa di Morena, tra ninfee e statue di gesso, abbigliato con outfif di tutto rispetto. Aforismi usati come passepartout per arrivare al cuore dei più giovani. Ma se è vero, come dice lui, «che er dubbio, è ‘na mezza verità», il sospetto che qualcuno possa storcere il naso per questa sua ritrovata saggezza, c’è. Sì, perché il nostro catechista, qualche problemuccio con la giustizia ce l’ha avuto eccome, nel passato. Le redazioni locali, ad esempio, qualche anno fa si occuparono di un fatto di cronaca molto particolare: Diego Casamonica fu arrestato all’esito di un’indagine coordinata dal Dr. Giovanni Taglialatela della Procura di Velletri e condotta dai carabinieri di Castel Gandolfo. In quell’occasione estorse a un mobiliere una lussuosa cucina da 15mila euro, che fece montare in una delle sue abitazioni.

Alle legittime pretese di essere pagato, lo sventurato venne picchiato e minacciato con frasi del tipo: “so dove vanno a scuola le tue figlie”. Il commerciante, restìo alla denuncia, venne però in seguito avvicinato dai carabinieri del Nucleo Operativo castellano, al comando dell’allora tenente Alessandro Iacovelli (ora maggiore), che avviarono le indagini del caso. Diego Casamonica, nei cui confronti fu spiccato un mandato di arresto, decise allora di darsi alla macchia rendendosi irreperibile, ma dopo un mese di ricerche venne rintracciato dai militari all’interno di un lussuoso rifugio costruito sotto terra, arredato con marmi e broccati e dotato di tutti i confort.
«A volte se va avanti solo col cognome, e se fa troppo spesso. Questo vale per me e vale pure pe’ l’altri. Ma secondo me è ‘na gran ca**ta perché se ‘na persona è valida e meritevole, vale la persona e non il cognome che se porta dietro. Ognuno sa li ca**i sua nella vita , quindi non serve a un ca**o fa cognomi che… Casamonica e de qua e de là, non serve a niente. Questo in passato l’ho fatto pure io, ve dico la verità, ciò che non faccio più da anni. Daje regà». Staremo a vedere.
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