mercoledì 24 Aprile 2024
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Revocato il carcere “duro” al boss Aniello Anastasio

SANT’ANASTASIA. Revocato il carcere “duro”, il 41 bis, al boss della camorra Aniello Anastasio, 65 anni da sempre a capo dell’omonimo clan operante a Sant’Anastasia. La decisione del tribunale di Sorveglianza di Roma arriva dopo l’atto presentato dal suo avvocato difensore Rosario Arienzo.

Anastasio è sottoposto al 41 bis dal 2002 (dopo che era stato condannato, con cumulo di pena, all’ergastolo omicidio, tentato omicidio, associazione a delinquere di stampo mafioso ed altro, fatti risalenti al 2000) ad ottobre un nuovo decreto del ministero di Giustizia che prorogava di altri due anni del regime di sospensione di alcune regole del trattamento previsto dalla normativa del 41 bis, con particolare riferimento alla disciplina che regola i colloqui con i familiari i colloqui con terzi, la corrispondenza telefonica, la ricezione di somme e pacchi dall’esterno, la nomina la partecipazione del rappresentanze dei detenuti e la permanenza all’aperto. Il decreto viene attuato proprio per scindere ogni legame tra esponenti delle cosche della criminalità organizzata e i soggetti che sono ancora liberi e in grado di agire mettendo a rischio l’ordine e la sicurezza pubblica. L’avvocato di Anastasio ha presentato reclamo contro il decreto ministeriale e la sua tesi è stata accolta.
Il Ministero aveva sottolineato come la cosca camorristica di appartenenza di Anastasio sia ancora attiva sul territorio, e come lui da capoclan sua “un soggetto delinquenziale dei più influenti nell’area vesuviana del capoluogo campano dedito al traffico di stupefacenti, attività estorsive, operanti in particolare il Sant’Anastasia, Volla, Pollena Trocchia”. Tesi che il Ministero aveva sostenuto spiegando che vi sono recenti risultanze investigative che collegano uomini del clan a fatti di sangue avvenuti in zona e fanno riferimento al tentato omicidio ai danni di uno spacciatore a Somma Vesuviana avvenuto nel 2014. Nel decreto veniva sottolineato che Anastasio era stato denunciato per violazioni comportamentali riguardanti alcune missive e colloqui con i familiari, attraverso i quali avrebbe gestito i propri interessi economici. Si fa riferimento all’operazione “Argine”, del 2003 e poi all’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di alcuni solidali del clan (2010) tra i quali un nipote del Anastasio, richieste estorsive messe in atto in “nome e per conto” del loro capo Aniello Anastasio, appunto, per un “regalo ai carcerati”. Aggiunge poi le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che parla del conflitto tra il clan e il sodalizio Sarno con i fratelli Panico. Nel decreto ministeriale del 30 settembre 2015 risulta che Anastasio sia un esponente del clan Puca-Ranucci e Belforte. L’avvocato Arienzo, invece, ha sottolineato come prima di tutto Anastasio non è stato mai sottoposto ad indagini processato per vicende attinenti il clan indicati dal Ministero, che sono operanti rispettivamente a Sant’Antimo zone limitrofe e Marcianise zone limitrofe. Il tribunale di Sorveglianza ha stabilito che il reclamo presentato dall’avvocato Arienzo merita accoglimento poiché il decreto impugnato “non appare sufficientemente motivato in ordine alla circostanza nella quale la persistenza dell’attuale capacità di Anastasio di mantenere collegamenti con l’organizzazione di appartenenza”, e ancora i giudici sottolineano che non vi sono dubbio in merito “alla caratura criminale del reclamante che è stato condannato per omicidio, sequestro di persona, violazione della legge sulle armi e associazione a delinquere di stampo camorristico”, tuttavia detto spessore criminale, a distanza di 13 anni dell’applicazione del primo provvedimento, “non può giustificare la proroga del regime detentivo in atto” poichè si basa solo sul decreto ministeriale che “appare carente di motivazione in relazione ad un’altra significativa circostanza per giustificare il mantenimento della misura nonché presupposto per la proroga prevista dall’articolo 41 bis ovvero l’operatività del clan di appartenenza del detenuto”. I giudici scrivono nel dispositivo che quando si fa riferimento a fatti di sangue recenti si tratta di un’affermazione generica decontestualizzata, così come le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia o la vicenda estorsiva del 2010. Mentre è stato Arienzo a sottolineare come la condanna di Raffaele Anastasio sia avvenuta senza l’aggravante del metodo mafioso e comunque per fatti risalenti al 2010. Il tribunale di Sorveglianza sottolinea come, “diversamente da altri casi” non vi è nessun “allegato inerente operazioni delle forze dell’ordine relative ad arresti soggetti riconducibili ai Anastasio, l’ultima segnalazione è quella generica del 2010”. Hanno anche valutato le trascrizioni delle conversazioni fatte tra il boss e la sua famiglia e non le hanno reputate nè criptiche nè ambigue. “In definitiva”, concludono i giudizi, “si rileva la carenza di adeguata motivazione” che imponga la necessità del 41 bis, fermo restando che “non si intende sminuire la personalità criminale dell’Anastasio”, ma questo non basta ad applicare la legge per quella che è, dunque il tribunale accoglie il reclamo e dispone nei confronti del detenuto “l’immediata applicazione delle ordinarie regole di trattamento sospese con il decreto impugnato”.

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Gabriella Bellini
Gabriella Bellini
Gabriella Bellini è nata a Tropea (VV), giornalista professionista dal 2003, ha cominciato a lavorare nel 1994 nella redazione giornalistica di Televideo Somma, ha collaborato con Tele Oggi, Il Giornale di Napoli, Il Mattino, il Corriere del Mezzogiorno (dorso campano del Corriere della Sera), Cronaca Vera, Retenews, è stata redattore del settimanale Metropolis (poi diventato quotidiano) e di Cronache di Napoli. Ha condotto un programma di informazione e approfondimento su Radio Antenna Uno. Nel febbraio 2007 ha creato con altri colleghi il sito web laprovinciaonline.info di cui è il direttore. Dal 2017 è componente della Commissione Pari Opportunità dell'Ordine dei Giornalisti della Campania Nel 2009 ha ottenuto il prestigioso riconoscimento all’Impegno Civile del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, destinato ad un giovane cronista che si “sia distinto nel suo lavoro sul tema della diffusione della Cultura della Legalità” ottenendo così il premio nazionale “Per la Cultura della Legalità e per la Sicurezza dei Cittadini”. Nel 2012 il Premio internazionale Città di Mariglianella “Gallo d’Oro” per i “numerosi reportage sui temi della povertà e dell’emarginazione”. Nel 2013 il premio “Città di Saviano, giornata per la legalità” per “L'impegno profuso a favore della promozione e diffusione dei valori della legalità". Nel 2015 menzione speciale “L’ambasciatore del sorriso” per “L’instancabile attività di reporter, votata a fotografare con sagacia le molteplici sfaccettature della nostra società”. Nel 2016 il Premio “Antonio Seraponte” con la seguente motivazione “Giornalista professionista sempre presente e puntuale nel raccontare i fatti politici e di cronaca. In poco più di un decennio a suon di bravura ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti per essersi distinta su temi importanti come la diffusione della cultura della legalità, della sicurezza dei cittadini e per l’impegno sui temi della povertà e dell’emarginazione”. Nel 2019 il premio Napoli Cultural Classic "Donna straordinaria, esponente della stampa locale che attraverso la sua autentica e graffiante penna racconta il nostro territorio anche fuori dai confini. Sempre attenta alla realtà politico-sociale che analizza con puntualità e chiarezza, riesce a coniugare la divulgazione al grande pubblico con l'obiettività suggerita dalla grande esperienza umana che l'accompagna". Nel 2022 Premio di giornalismo “Francesco Landolfo”

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