venerdì 19 Aprile 2024
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Somma. Si ripete da 720 anni la fiera del martedì dopo Pasqua

A CURA DI ALESSANDRO MASULLI

SOMMA VESUVIANA. I primi dati certi circa le fiere Sommesi si riscontrano nel XIII secolo quando Carlo II d’Angiò lo Zoppo, nel 1294, concede agli uomini della di Somma e ai Padri Domenicani la licenza di fare nundinæ; questo privilegio fu poi riconfermato dallo stesso Carlo II l’8 marzo del 1300.

Rendiamo noto a tutti che noi a seguito di supplica degli uomini del nostro Castello di Somma concediamo che ogni anno, e cioè durante la festa di san Giorgio, per otto giorni, da contare incominciando dal giorno della stessa festa, il 23 aprile, nei quali giorni chi voglia può radunarsi per comprare o parimenti vendere nei giorni della fiera tutte le merci, purché ciò non sia pregiudizievole per lo stato e per i vicini.

Il luogo della fiera era il campo dopnico o donneco che probabilmente si trovava tra Santa Maria del Pozzo e San Domenico; il termine dopnico nasce dalle modificazioni dell’originario termine latino campus dominus e fa riferimento alla donazione di detto campo da parte del signore Carlo II d’Angiò ai Domenicani nel 1294.
Arrivano poi le concessioni degli aragonesi, in particolare di Giovanna III che, nel 1494 in concomitanza con l’edificazione della nuova chiesa di Santa Maria del Pozzo e del convento adiacente a essa, ridava nuovo impulso all’antica fiera con l’istituzione di una festa in onore della Vergine del Pozzo.
L’afflusso di numerosi pellegrini alla suddetta festa incrementava anche la fiera; l’ampio sagrato della chiesa di Santa Maria del Pozzo e lo spazio circostante diventavano ogni anno il centro di scambi e di affari conclusi all’ombra dei profumati tigli.
L’aspetto lucrativo metteva in moto il sistema di dazi e gabelle, perciò la regina si affrettò a chiedere a suo fratello la concessione del mastro mercato. Memore del buon vino e della squisita frutta di Somma, il Cattolico accolse la richiesta e in uno dei capitoli del privilegio, fissato il 27 luglio 1587 negli Statuti e Convenzioni della Città, così si legge:

La vigilia e festa de Santa Maria dello Pozzo… sia lecito a qualsivoglia persona, tanto Cittadina quanto forastiera poter vendere in detta festa a detta Chiesa tutte sorte di robbe comestibili et vino et grieco, et quelli possono vendere tanto ingrosso quanto in minuto a loro elezione etiam nelle taverne che se faranno per commodo delli forastieri che concorreranno in detta festa, senza pagare cosa alcuna de gabella all’affittatore, atteso essa Università vole che in detto dì esso affittatore non abbia azione alcuna, acciocché ogni uno concorra più liberamente per beneficio di detta Chiesa.

La fiera che iniziava il martedì in albis, il martedì dopo Pasqua, e durava otto giorni, vedeva anche riconfermata dalla regina il privilegio del magister nundinarum che aveva giurisdizione civile e penale per l’intera durata della fiera, mettendo da parte anche l’autorità regia.
Negli appunti di don Tommaso Casillo, nobile sommese, si trova conferma dell’importanza della fiera e della figura del magister nundinarum:

Regina Giovanna alla corte del quale concesse il privilegio della insegna nella Compagnia de Santa Maria del Pozzo il martedì dopo la Pasca di Resurrettione, essendo stata edificata d.a chiesa da d.a regina et la festa àvisi mi hanno detto l’antichi che (quando) moreva d.a regina voleva fare una strada da d.a chiesa insino alla Porta della Terra et quando se edificò d.a chiesa si pigliò il deritto con d.a porta della Terra in quella casa è stata l’insegna esposta alla finestra dal dì di Pasca di Resorrettione et in quella strada si radona la Compagnia et radunata si va à pigliare il Mastro Mercato in casa – qual alfiero ha privilegio de esigere la decima da tutti quelli che vanno à vendere robbe alla d.a festa di S. Maria del Pozzo. Mi hanno raccontato li vecchi al tempo che io era piccolo, che essendo Mastro Mercato Colagio Granato dello quartiero di Prigliano si elesse il capitanio del Casale di Sant’Anastasia di Somma, il quale si portò l’alfiero di d.o Casale con uno squadrone de soldati, et essendo alfiero Santillo de Mauro stando aspettando il squadrone per scendere alla casa del mastro mercato hebbe nova che era venuto l’alfiero dal d.o Casale.

Assumeva la carica di magister nundinarum un cittadino sommese, liberamente eletto dall’Università di Somma, e aveva giurisdizione anche nei casali di Sant’Anastasia, Trocchia, Pollena e Massa di Somma. All’atto dell’elezione del mastro mercato, vi era il suo corteo che, davanti alla porta del divo Joanni, lo andava a prendere per vivere l’investitura. L’importanza del mastro mercato si riversa anche nella sua divisa:

Lunga giubba di color turchino e lungo panciotto di color scarlatto entrambi con galloni e bottoni dorati, calzoni corti di color turchino e calze bianche con scarpe a fibbie dorati, cappello a tre punte gallonato di oro, spada con impugnatura dorata, bastone ed anello.

Il Mastro Mercato assumeva per la durata della fiera anche i compiti del Regio Governatore e sorvegliava sulle merci vendute durante la fiera e, al fine di evitare brogli, controllava prezzo, qualità, peso e misura.
Ancora nel 1651 l’importanza della figura del magister nundinarum si evince dalla richiesta d’intervento da alcuni Sommesi per ristabilire l’antico percorso della cerimonia d’investitura che ne sanciva l’inizio del mandato.
Nel 1651 il corteo del “Magister Nundinarum” non passa più per la “platea” di San Giovanni nella Terra di Somma. Antonio de Mauro, don Tommaso Casillo, Vincenzo Salomone e la vedova Giuditta Majone, “complatearij “, ricorrono allora alla Magna Corte della Vicaria per ristabilire il percorso secondo la concessione di antichi privilegi ed inveterate consuetudini, di cui s’è persa memoria.
Il giudice della Vicaria Giovan Battista Spinelli il 29 marzo ordina al Mastro Mercato a cavallo con la schiera dei suoi militi, col Capitano, il “vessillario” ed altri cittadini, a piedi o a cavallo, di sfilare per il quartiere dei ricorrenti.
Il privilegio dell’elezione di mastro mercato fu sempre causa di continue e aspre liti tra Somma e Sant’Anastasia per tutto il XVIII secolo. Nel 1774, la sua autorità è messa in dubbio e, su richiesta della Sommaria, si chiarisce il suo ruolo che però non viene rispettato; disprezzato e umiliato da tutti è costretto a dimettersi e a non ottemperare il suo compito.
Su richiesta di Sant’Anastasia, che afferma che Somma sceglie “un idiota trasformato in Mastro di Fiera”, la Regia Camera della Summaria il 9 aprile chiarisce che il giudice non ha cognizione delle vertenze di catapania e annona; il 10 dicembre emette una consulta, con la quale ordina l’abolizione del Mastro Mercato, pena 500 ducati per l’Unità se non si adegua. Si adotta una franchigia, chiamata “Perdonanza”, per lo spazio occupato dalla fiera e per un solo giorno, quello della festa di Santa Maria del Pozzo, con grave pregiudizio della giustizia. Egli vuole la collaborazione dei giurati locali, ma non la trova. Convoca i sindaci senza esito, se non il ricorso alla Summaria da parte degli stessi. Egli riceve insulti e disprezzi pubblici tali che è costretto a ritirarsi.
A seguito delle suddette controversie, l’Università di Somma nel 1776 assegnava a M.co Notar de Falco, eletto alla carica di mastro mercato, 20 ducati per la «spedizione della patente del Mastro di fiera» al casale di Sant’Anastasia e per far fronte a tutte le altre spese per lo svolgimento di detto mandato. La spesa sostenuta per l’allestimento della fiera comprende l’allestimento delle baracche, dei «tecta, banche, panche, logie, poteche», l’abbellimento dell’area con bandiere e la spesa per pagare una sorta di vigilanza per i materiali della fiera.
Tra la fine del XVIII e il XIX secolo inizia la decadenza della fiera sommese, accentuata dalla crisi agraria del 1810 e dalla carestia del 1816 che colpirono quasi tutte le provincie del Regno.
Nell’ambito della politica antifeudale, il re di Napoli, Giuseppe Napoleone, con proprio decreto n°218, datato Portici 25 ottobre 1806, aboliva la figura del mastro mercato; questo provvedimento colpì anche Somma che, dopo oltre tre secoli, il 27 novembre del 1806, perdeva l’antico privilegio con danni notevoli sulla fiera che vedeva ridursi anche la sua durata. La manifestazione, che durava otto giorni fino allora, si risolveva in poche ore antimeridiane il lunedì in albis.
Nel 1808 la fiera fu spostata da Santa Maria del Pozzo al centro, in un luogo allora chiamato in parte Largo San Giorgio e in parte Largo del Duca, che ora si chiama Piazza Vittorio Emanuele III. Tra i motivi dello spostamento della fiera ci sono: l’aumento della popolazione del nucleo urbano, le accresciute difficoltà di collegamento con Santa Maria del Pozzo, le cui antiche strade di accesso non erano più adeguate per la mancanza di manutenzione.
Con il trascorrere degli anni, vari sono stati gli espedienti promozionali per ridare lustro e vanto alla fiera che però vedeva ridursi progressivamente la sua attività. Oramai si è svuotata del suo antico contenuto commerciale e di essa non resta che il solo aspetto festaiolo; oggi il giorno della sua celebrazione, il martedì dopo la Pasqua, per i sommesi e per i pochi forestieri che ancora vi giungono, rappresenta solo il prolungamento della festa della pasquetta; essa ha, quindi, perso tutta la sua magia.

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