mercoledì 12 Novembre 2025
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Un seme per coltivare la memoria. A Torre Annunziata fiorisce la lotta alla camorra

Dalle sterpaglie ai fiori: il gesto di Carmela Sermino che sfida degrado e burocrazia per tenere vivo il ricordo di Giuseppe

“La memoria fa paura alle mafie. Non può essere ingabbiata nel passato, non va archiviata, ma va vissuta nel presente. Ricordiamo la morte delle vittime innocenti della violenza mafiosa per essere più vivi noi”. Le parole di don Luigi Ciotti, presidente di Libera, risuonano come un monito e un invito all’azione. A Torre Annunziata, Carmela Sermino, vedova di Giuseppe Veropalumbo – ucciso da un colpo di pistola il 31 dicembre 2007 – incarna questo principio con gesti concreti. Dal giorno della tragedia, ha trasformato il dolore in impegno civile, fondando un’associazione che porta il nome del marito e promuovendo iniziative di memoria e volontariato.

Il largo intitolato a Veropalumbo, situato all’uscita del casello autostradale, è da anni un simbolo di abbandono. Sterpaglie e incuria dominano quella rotonda che dovrebbe accogliere chi arriva in città, vicino agli Scavi di Oplonti. Un contrasto amaro per un luogo che porta il nome di una vittima innocente della camorra. Dopo ripetuti appelli al Comune rimasti senza risposta, Carmela ha scelto di agire autonomamente. L’11 agosto, giorno del compleanno di Giuseppe, pianterà fiori donati dai Vivai Forestali della Campania, sostenuta da Libera, dalla Fondazione Polis e dal Coordinamento campano dei familiari delle vittime di criminalità.

La sua battaglia non si limita al decoro urbano. Come l’85% dei parenti delle vittime di mafia, Carmela e la vicesindaca e assessore alla legalità di Torre Annunziata, Tania Sorrentino – anch’essa legata a una storia simile – affrontano un vuoto normativo che nega loro riconoscimento e tutele. Pur essendo stato accertato il movente camorristico dell’omicidio Veropalumbo, l’assenza di un colpevole ha precluso l’accesso ai benefici di legge. Una ferita nella ferita, che Libera prova a sanare con la campagna “Fame di verità e giustizia”, chiedendo l’applicazione di una direttiva europea già recepita in altri Paesi.

In questo scenario, il Comune di Torre Annunziata nel 2016 ha compiuto un gesto che copre l’assenza di tutele giuridiche: ha concesso alla famiglia l’usufrutto di un bene confiscato alla camorra. Parte dello stabile ospita oggi l’associazione Veropalumbo, mentre un’altra sezione è diventata la casa di Carmela e della figlia Ludovica, che aveva un anno quando perse il padre. Non è risarcimento, ma riconoscimento di una dignità che lo Stato ha negato.

La cura della rotonda, come quel bene confiscato concesso, sono semi piantati nel presente. Non restituiranno un marito o un padre, ma intrecciano il ricordo di Giuseppe alla vita quotidiana della città. Mentre le piantine fioriranno nel largo, Torre Annunziata scrive una pagina di lotta alla camorra con gesti simbolici e concreti: dove passa la memoria, l’erba selvatica non cresce.

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