SOMMA VESUVIANA. Sul caso della chiusura di via Roma per 20 giorni e l’atteggiamento adottato dall’amministrazione comunale a riguardo, riceviamo una lettera dal presidente dell’Ascom, Mario Sodano che di seguito pubblichiamo.
Il vezzo di arrivare ad un punto di non ritorno, dalle nostre parti, è diventato una consuetudine, un modo di fare e di affrontare ogni cosa. Si fa l’impossibile per creare delle situazione irrisolvibili, quelle situazioni in cui non sai chi accontentare, ma soprattutto non si sa mai chi è il responsabile. C’è un gioco allo scaricabarile, dove ci si passa la palla l’uno con l’altro.
Mi riferisco ai lavori del Campanile di San Domenico e la conseguente chiusura di via Roma: argomento che sta spaccando il Paese in due tronconi. Una parte (l’amministrazione comunale) afferma che i lavori vanno terminati entro 31 dicembre prossimo e questa scadenza comporta la chiusura di via Roma per almeno 20 giorni, pena la perdita dei finanziamenti regionali. L’altra parte, i commercianti di via Roma e gran parte dei residenti della zona, non intende assolutamente accettare una sorta di “morte per asfissia”.
Io chiaramente sto dalla parte del commercio; è impensabile proporre la chiusura di un’arteria cosi importante a ridosso delle ricorrenze natalizie, periodo in cui -con le scorte già in magazzino- si spera in qualche guadagno. Perché il Natale è l’unico momento in cui si riesce a realizzare commercialmente; saltare un appuntamento simile (ed unico), significherebbe mettere in ginocchio un parte del commercio sommese (già da tempo in profonda crisi).
Ma la cosa che più mi fa arrabbiare è che in paese normale -ripeto normale con una politica normale- non si dovrebbe e non si deve arrivare ad una situazione del genere, con l’aggravante di comunicarla ai commercianti ed ai residenti solo quattro giorni prima dell’inizio dei lavori.
Mi arrabbio perché so cosa vuol dire mandare avanti un’attività di questi periodi; quanti sacrifici, quante responsabilità. E molto spesso senza un ritorno adeguato, mettendo a rischio sin’anche i dipendenti e le loro famiglie.
Questo modo di procedere, di agire è ormai atavico e non so come definirlo diversamente; non so nemmeno se deriva da mancanza di sensibilità, da incapacità, da strafottenza, da superficialità o da dilettantismo!
Come si fa a dar vita ad un’opera così importante (sicuramente positiva per la città), cosi “centralizzante” senza una programmazione, senza conoscere i tempi della realizzazione. Come si fa a non prevedere (e prevenire) i problemi che potrebbero presentarsi?
Giovedì pomeriggio –il 29 ottobre scorso- c’è stato un incontro tra il sindaco ed i commercianti, per aprire un tavolo di trattative. Quattro giorni prima! Senza possibili soluzioni alternative! Inaudito avere a che fare con interlocutori miopi e sordi!
Non ci sono soluzioni alternative, perché a quattro giorni dalla chiusura non c’è un espediente che tenga. Ci sta solo una grande rabbia, perché qualsiasi rimedio non accontenterà nessuno.
Ma la riflessione (paura o quasi certezza), forse più preoccupante, è una sola: se mai si dovesse chiudere la strada e quei 20 giorni dovessero diventare trenta, quaranta o cinquanta… cosa succederebbe, chi risarcirebbe del danno subito i commercianti e i residenti? Finirebbe tutto con una semplice pacca sulle spalle e la promessa che in futuro si cercherà di essere più attenti?
Mario Sodano
Ascom confcommercio

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