Torna in libertà uno dei tre arrestati per l’esplosione di un’abitazione adibita abusivamente a fabbrica per la produzione di fuochi di artificio ad Ercolano. Esplosione che causò la morte di tre giovanissimi lo scorso novembre. Vittime furono due gemelle di 26 anni, Aurora e Sara Esposito di Marigliano, e un 18enne, Samuel Tarciu, che lì lavoravano a nero. Ad essere scarcerato é Raffaele Boccia, 64 anni di Ottaviano, che era ai domiciliari dal 4 aprile indagato in concorso per i reati di fabbricazione di esplosivi non convenzionali e non riconosciuti di tipo pirotecnico.
All’interrogatorio di garanzia, fissato il giorno 8 aprile, si era avvalso della facoltà di non rispondere considerata la mole degli atti d’indagine. Successivamente dopo lo studio della documentazione veniva avanzata dai difensori (Boccia è difeso dagli avvocati Saverio Salierno ed Arcangelo Puca) richiesta di interrogatorio che veniva fissato il giorno 23 aprile.
In quella sede l’uomo ha chiarito la sua posizione (risultata poi marginale) e depositava corposa documentazione medica afferente patologie. I suoi legali all’esito dell’interrogatorio avanzavano richiesta di revoca della misura.
Con provvedimento di oggi il GIP del Tribunale di Napoli ha accolto la tesi difensiva e ha revocato la misura cautelare disponendone l’immediata liberazione.
Le indagini sono state condotte sotto il coordinamento della DDA di Napoli, dai carabinieri della tenenza di Ercolano.
I militari, a distanza di otto giorni dall’esplosione, fermarono il 38enne Pasquale Punzo. Il 4 aprile poi furono arrestati Vincenzo D’Angelo e Raffaele Boccia. Il primo, napoletano 31 enne, è finito in carcere perché gravemente indiziato, in concorso con l’indagato Punzo, di omicidio volontario con dolo eventuale, fabbricazione di esplosivi non convenzionali e non riconosciuti di tipo pirotecnico e sfruttamento di manodopera in spregio alla normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
I botti inesplosi, trovati sul luogo della tragedia, sono risultati nella disponibilità una società pirotecnica di San Giuseppe Vesuviano, gestita di fatto da Raffaele Boccia, che li aveva venduti illecitamente agli altri due indagati senza peraltro registrarne i movimenti. Boccia avrebbe venduto, sempre ai due, elevati quantitativi di perclorato di potassio e polvere di alluminio, sapendo che questo materiale sarebbe stato utilizzato per la fabbricazione di esplosivi non convenzionali di tipo pirotecnico.

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