Somma Vesuviana. Il tribunale del Riesame di Napoli (collegio D) ha annullato il decreto di sequestro di beni e conti correnti intestati ai due costruttori di Somma Vesuviana, Antonino Porricelli e la moglie Maria Luisa Cozzolino. Entrambi sono stati arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Breccia” della Dda il 31 marzo scorso.
Porricelli è ancora in carcere, la moglie agli arresti domiciliari perchè mamma di due bimbi piccoli. Secondo l’accusa sarebbero i fittizi titolari e amministratori di quote della Gifra srl, una ditta di Saviano per gli inquirenti riconducibile alla famiglia camorristica dei Fabbrocino. Secondo l’accusa la coppia sommese ha funto da procacciatori di commesse ed esecutori materiali delle direttive e degli ordini di Giovanni Fabbrocino (che dopo l’arresto del padre Mario, storico capoclan, sarebbe diventato secondo gli inquirenti, il reggente della cosca camorristica) e il cognato Giovanni Prevete. Entrambi arrestati nel blitz del 31 marzo. Sono stati, dunque, dissequestrati conti correnti, un’autovettura, un’altra era stata già venduta ed i proventi erano finiti sul conto di Porricelli poi sequestrato, due appartamenti e la “Gipor” storica ditta edile della famiglia Porricelli. Gli avvocati difensori della coppia (Franceco Picca, Salvatore Di Sarno e Francesca Golia) sono riusciti a dimostrare l’autonoma capacità reddituale dei due coniugi a prescindere dalla loro partecipazione alla società Gifra. Una ditta che è stata comunque costituita nel 2011. Un primo passo per la difesa che punta a dimostrare l’estraneità completa degli imprenditori da qualunque rapporto con la cosca camorristica. L’inchiesta condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, e coordinata dalla direzione distrettuale antimafia, ha accertato che la cosca aveva il monopolio del mercato del calcestruzzo nel Nolano. Un controllo capillare del settore di produzione e commercio che rappresenta la continuità rispetto a quanto già faceva il boss Mario Fabbrocino, arrestato all’inizio degli anni 2000, cui proprio nel 2007 la Dia napoletana sequestrò l’impresa ‘La Fortuna srl’, intestata a prestanome, attraverso la quale il capoclan imponeva l’uso del calcestruzzo da lui prodotto e ai prezzi che lui stabiliva. Quello che in pratica, stando agli inquirenti, avrebbe continuato a fare il figlio Giovanni con la Gifra. (Gabel)DA CRONACHE DEL VESUVIANO DEL 6 MAGGIO

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