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Il Premio internazionale dell’Istituto italiano di cultura per la saggistica a Massimo Lanzaro

Napoli. Il Premio internazionale dell’Istituto italiano di cultura per la saggistica conferito al professore Massimo Lanzaro, psichiatra e scrittore originario di Ottaviano.
Un premio importante, come ci spiega lo stesso autore.

Si, è un riconoscimento particolarmente gradito, anche perché i miei saggi sono stati selezionati tra oltre duemila partecipanti.

Come ha concepito il suo libro più recente, “Affetti in affitto”?

Questo libro è nato dal mio desiderio di condividere: di piantare alcuni dei semi che ho trovato e raccolto lungo la mia strada. Ognuna delle idee che ho scelto e sviluppato nel tempo prende spunto da cose che a mio modesto avviso hanno in comune l’essere piuttosto uniche, inusuali, o dimenticate; si tratta di faccende che ho vissuto con i pazienti o fatti di cui ho sentito parlare, di leggende zen, di spunti che vengono dall’arte, dal cinema, e da molto altro.
Il denominatore comune è che tutto mi ha insegnato qualcosa, ed è proprio di ciò che ho imparato che vi parlo, con la speranza che possa essere per il lettore uno spunto di aiuto, un nutrimento, un punto di vista nuovo.
Ci tenevo provocatoriamente al termine “psicologia 4.0” perché è giunta l’ora di un’integrazione tra gli enormi passi avanti delle neuroscienze, le scoperte e le tecniche degli importanti filoni di pensiero che hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo della disciplina psicologica: dalla neuropsicanalisi alla neuro-endocrino-psicoimmunologia fino alla mindfulness e alla DBT. Penso che la compartimentalizzazione tra le varie branche, purtroppo consueta, rallenti qualsiasi progresso. Questo volume è anche il tentativo, quando possibile, di evidenziare e integrare questi progressi e questi nuovi saperi; ovviamente è ancora lungi dall’essere una trattazione sistematica.
Mi sono inoltre prefisso di dedicare alcuni capitoli ad argomenti di attualità di cui si parla poco (o di cui si parla così tanto da confondere le persone), in un modo in cui gli altri non parlano. Siamo circondati da un oceano di “pseudoinformazione”, all’interno del quale è particolarmente laborioso isolare delle gocce di informazione pura e utile (lo aveva capito Borges ne “La Bibliotca di Babele”). La distrazione, la mancanza di tempo e di voglia di approfondire, un livello superficiale di interesse verso ciò che ci circonda, la propaganda, sono solo alcuni dei motivi per cui la maggior parte delle volte ci si lascia travolgere dalle notizie senza verificare l’argomento con curiosità, spirito critico e vero desiderio di conoscenza. Sapevate che in Afghanistan sono deceduti molti più militari americani per suicidio che in combattimento?

Crede che questa società sia ancora capace di ispirare “buoni sentimenti”?

“Buoni sentimenti”: l’espressione è desueta, e forse muove al sorriso. E però essi sono davvero necessari. Mi ha ricordato i versi della “Desiderata”, la celeberrima poesia in prosa dello scrittore statunitense Max Ehrmann scritta nel 1927:

“Qualunque siano i tuoi affanni e le tue aspirazioni,
nella rumorosa confusione della vita conserva la pace con la tua anima.
Nonostante tutta la sua falsità, il lavoro ingrato e i sogni infranti,
questo è ancora un mondo meraviglioso”.

Forse, se tutti tenessimo questo a mente, contribuiremmo a ispirare un po’ di “buoni sentimenti” nella società.

A chi consiglierebbe il suo volume?

Alle persone curiose in generale, agli psicologi, ai medici, agli studenti, a chiunque abbia un problema di natura psicologica, a chi abbia voglia di leggere qualcosa che non sia “già sentito”, “già visto”; e a chi sia alla ricerca di un linguaggio divulgativo, accessibile a tutti.

Nel suo libro, parla, anche di mindfulness, cos’è, a cosa serve e a chi la consiglierebbe?

La mindfulness è una forma di meditazione che focalizza l’attenzione sul momento presente coltivando un atteggiamento non giudicante. In parole semplici la mindfulness è l’atto di mantenere l’attenzione focalizzata sull’esperienza presente e, ogni volta che ci si distrae, riportarla nel presente. È l’atto della mente che osserva se stessa, rimanendo distanziata dai suoi contenuti (sensazioni e pensieri) e non fusa con essi, ma al contempo senza “respingerli”. E’ interessante sapere che vari studi suggeriscono che la partecipazione ai programmi Mindfulness-Based Stress Reduction è associata a cambiamenti nella concentrazione di materia grigia nelle regioni del cervello, in particolare quelle coinvolte nei processi di apprendimento e memoria; inoltre (scoperta molto recente), se praticata regolarmente, a lungo termine modula la cosiddetta neuroplasticità: la capacità del cervello di modificare la propria struttura, la propria funzione e le sue connessioni ed adattarsi agli stimoli a cui è sottoposto. A chi è consigliata? La mindfulness è spesso utilizzata dal terapeuta nella gestione di eventi stressanti, e ha indicazioni cliniche specifiche per ansia, depressione e dolore cronico, attacchi di panico e numerose altre condizioni di disagio emotivo. Inoltre, può essere una valida risorsa per tutte quelle persone che vivono lutti, separazioni, cambiamenti o anche l’affaccendamento, il vivere “sempre di corsa”, al quale siamo molto spesso esposti.

Come si definirebbe in una parola?

Mi definirei (sperando che non suoni presuntuoso) un’artista della scienza e uno scienziato dell’arte (chiedo venia: è un po’ più di una sola parola). E’ ciò che penso e sento riguardo a me stesso, e forse e ciò che chi mi conosce bene pensa di me. Poi rispecchia un pò il fatto che la medicina e la psichiatria hanno una componente creativa, non sono “matematica”, per così dire. P.S. per comprendere ancora meglio questa idea si potrebbe dare uno sguardo qui (lo stesso argomento è sviscerato in un capitolo del libro): https://www.lavocedeimedici.it/2022/06/07/larteterapia-tra-simbolo-e-sintomo-di-massimo-lanzaro/

Com’è vivere ogni giorno, rapportandosi con i problemi altrui?

Uno psichiatra riceve tonnellate di dolore altrui (come molti altri medici, tra l’altro), e deve gestirlo per la sua qualità di vita, oltre che per il mantenimento della sua capacità professionale. Non a caso chi fa il mio lavoro (ma non solo!) dovrebbe praticare sedute regolari con un altro professionista. E’ la cultura della supervisione: essenziale secondo me, ma molto, troppo trascurata nella maggior parte dei contesti sanitari pubblici italiani.

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