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La storia di un malato di tumore, “Al Pronto soccorso nessuno mi ha aiutato”

corsia ospedale
corsia ospedale

Napoli. Quella che segue è una lettera di un nostro lettore che troviamo emblematica rispetto alla situazione critica che stiamo vivendo a causa dell’emergenza Covid. Siamo indignati Per quanto accaduto al nostro lettore e per questo ve la proponiamo così come ce la invia

Gentile redazione,
Conosco bene i tempi che stiamo vivendo e so in che emergenza opera il nostro sistema sanitario, ma voglio raccontarvi l’odissea che ho vissuto ieri al pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli.
Mi chiamo Antonio, ho 60 anni e vivo ad Aversa. Sono un malato oncologico, ho un tumore alla vescica e sono in cura all’ospedale Pascale.

Sono stato operato due volte, prima in un nosocomio di Avellino e poi alla clinica Trusso di Ottaviano. Sono in cura al Pascale, nei giorni scorsi ho trovato diverse volte del sangue nelle urine. Al Pascale mi hanno detto di trovare un urologo oppure un pronto soccorso. Mi sono rivolto ad un urologo privatamente e il responso è che mi devo operare nuovamente, o fare una nuova
T.U.R.V. Resenzione vescicale transuretrale, una pulitura della vescica oppure rimuovere del tutto la vescica. Il 6 novembre dovrei ricominciare una nuova chemioterapia. La notte tra sabato e domenica inizio a stare male, ad avere un blocco vescicale non riesco ad urinare. Prima penso di andare all’ospedale di Aversa, ma poi opto, accompagnato da mia cognata infermiera, per andare al pronto soccorso di un ospedale dove ci sia un reparto urologico perché se non si riusciva a sbloccare la situazione con un catetere occorreva l’intervento dell’urologolo. Così mi reco al Cardarelli, e mi fanno un tampone per il Covid e mi dicono di aspettare. Fatto sta che vado in bagno e comincio ad sudare freddo e mi sento svenire. Chiamo mia cognata al telefono, le spiego che non riesco a urinare, ho un dolore fortissimo, sto per svenire e non riesco a camminare. Poi cade la linea. Mia cognata cerca di informare gli infermieri, spiega di essere una collega, gli chiede di venire a soccorrermi. Si intromette una guardia giurata dicendo che non si può far niente, mentre l’infermiera ha riferito che non potevano intervenire, a causa dell’attesa del tampone, ci doveva andare un medici
Sono uscito dal bagno, in pessime condizioni, zuppo di sudore e nessuno si è preso cura di me. Al che mia cognata decide di riportarmi a casa e applicarmi privatamente il catetere che mi avrebbe permesso di liberarmi la vescica.
Quando dicono che gli ospedali sono vuoti, posso assicurare che è una bugia. C’era tanta gente esasperata e che non riusciva ad essere aiutata.
Chiudo con questa riflessione che giro a voi della redazione e a chi ci legge. Ho richiesto il risultato del tampone di ieri, visto che al test rapido risulto positivo agli anticorpi. Ma l’esito non sarà pronto prima di domani.
Viene da chiedermi, e vi chiedo: mi avrebbero tenuto lì senza intervenire? Hai voglia a farmi scoppiare la vescica.

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