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Raia: “Il Palio figlio di un’utopia”

SOMMA VESUVIANA. Quando mi è stato rivolto l’invito a scrivere una riflessione per la XXV edizione del Palio della città di Somma Vesuviana, immediatamente mi è venuto in mente il film Jonas “che avrà vent’anni nel 2000”.

La pellicola diretta da Alain Tanner, girata nel 1976, in realtà, fu distribuita in Italia solo nel 1980 e, per questo motivo, aveva subito una modifica nel titolo originario, che era Jonas qui aura 25 ans en l’an 2000. Ricordo che quel film mi aveva molto colpito ed entusiasmato, perché era una parabola tra speranze e delusioni (o almeno io così l’avevo percepito) di un mondo che si era appena lasciato alle spalle l’ineffabile (mitico? straordinario? nocivo? miope? eclatante?) anno 1968. In quei fotogrammi –al di là della trama- si raccontava lo scontro degli opposti: la leggerezza dei sogni e l’impatto col reale, l’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione, la finezza dell’ironia e la brutalità del ribellismo. E, inoltre, si sottolineavano temi (o problemi insolvibili?) di grande attualità: il cattivo funzionamento della scuola pubblica, la crisi economica, la mancanza di lavoro, l’abbandono della campagna (la terra) e la sua conseguente cementificazione, l’indifferenza per l’altro, l’implosione della politica (partitica e non). Ed infine conteneva quella trovata scenica (riproposta più o meno uguale, nel 2012, da Silvio Soldini nel film Il comandante e la cicogna) della statua di Rousseau, che si animava e declamava un piccolo pezzo dal Contratto sociale: “I bisogni cambiano a seconda dello stato degli uomini. C’è una grande differenza tra l’uomo naturale, che vive nello stato di natura e l’uomo naturale, che vive nello stato sociale. Èmile non è un selvaggio da confinare nel deserto; è un selvaggio fatto per abitare la città”.
Ed ecco il Palio di Somma-Jonas, che, nato nel 1991, ha oggi i suoi venticinque anni. Egli è figlio e compagno di menti, che, in un percorso segnato da sogni e realtà, hanno inteso costruire negli anni segmenti di conoscenze, consapevolezza, recupero della memoria. È, in ogni caso, bisogna comunque dirlo, figlio di un’utopia, che, in quanto tale, non trova effettivo riscontro nella realtà. E resta un modello ideale, se non avversato, quantomeno in distonia con la politica (oligarchica, senza cultura e senza anima), la Chiesa (con un solo Francesco a sanare la grande parte infetta), la società contemporanea (egoista, incolta, indifferente).
Nel 1991 Somma Vesuviana si accingeva a chiudere una storia ultraquarantennale di un paese uscito dalla guerra senza grossi danni alle strutture e proiettato ad un assetto urbanistico, politico, morale e culturale segnato – a seconda dei casi- da un’arrembante conquista di cemento, da una collaudata pratica del trasformismo [presente anche negli anni della difficile transizione dal Ventennio alla Repubblica], da un’assenza di etica di un esercito di “senza scrupoli” e, non certo per ultima, dalla protervia di molti uomini (amministratori, responsabili di partito, uomini di culto, semplici elettori, opinionisti della domenica) in larga misura dealfabetizzati.
La città sognava di potersi rigenerare e ristrutturare, di potersi reinventare senza rinnegare identità ed idealità storiche. Una serie di combinazioni astrali felici e fortunose avevano fatto in modo che a Somma Vesuviana si fosse cominciato a respirare un nuovo umanesimo, condito di attività sociali indirizzate a categorie civiche spesso escluse (anziani, immigrati, diversamente abili, ragazze-madri, infermi); si fosse cominciato anche a pensare a un nuovo umanesimo teso a costruire – con la base unificante di un rinnovato concetto di cultura- una rete di lungimiranti interscambi sul territorio (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Istituto Campano per la Storia della Resistenza, Icomos [International Council on Monuments and Sites], Università, Osservatorio Astronomico, Museo Nazionale di Arti e Tradizioni, Auser, Organi di Informazione, Presidenza della Provincia, alcuni Uffici decentrati dei Ministeri). E si cominciasse a percepire che un nuovo umanesimo era possibile, perché stava mutando anche la pratica della politica –non più o non ancora politicante- a vantaggio di una nuova interpretazione del Cittadino diventato protagonista del suo futuro, del benessere comune equivalente di uno star bene in comune, dell’essenza stessa della Politica ritornata –per poco tempo- ad essere amministrazione della polis per il bene di tutti, piuttosto che deprecabile sinonimo di carrierismo, astuzia, interesse, utile.
A far soffiare un vento nuovo nel 1991 avevano contribuito alcune associazioni cultural-ricreative –come l’Arci, per esempio- con il loro intelligente dinamismo innovativo. E aveva contribuito specificamente la nascita del Palio. Quando, infatti, aveva avuto battesimo il Palio di Somma-Jonas, l’accesa terra -(che nel grembo serri/il sibilante fuoco che ci avvampa/[…] anche la vita mia dentro rinserra/ fuoco di lotte, fremiti vermigli/che le vene mi bruciano ed il cuore [belli, i versi del poeta vesuviano Gino Auriemma!])- stava per vivere una sua primavera, una palingenesi, un’occasione di riscatto.
Il Palio di Somma-Jonas, negli anni, costruì utopie, animò sogni, dette voce a mondi nuovi, colorò orizzonti di speranza e di amore.
Oggi, a 25 anni dalla sua nascita, il Palio di Somma-Jonas celebra il suo giubileo e innalza, con dignità e fierezza, il suo grido di gioia (iubilare = gridare di gioia). Anche se, oggi, i sognatori sono stati chiusi in una riserva, come gli indiani (i nativi che non rinunciano al loro patrimonio culturale); gli utopisti sono stati additatati come visionari un po’ illusi (in nome del pragmatismo politico, la cosiddetta realpolitik); i mondi nuovi non costituiscono più una comunità di vita (lo dicono i numeri dei migranti nella tomba comune del Mediterraneo o le parole dei tanti benpensanti, che negano sin’anche il diritto ad esistere!).
Con l’auspicio che il Palio di Somma-Jonas possa celebrare anche il giubileo del 50° anno; un giubileo come quello previsto dalla legge mosaica, quando si concedeva alla terra di riposare per una volta in attesa di raccolti più abbondanti e i patrimoni sottratti ritornavano ai legittimi proprietari mentre gli schiavi riottenevano la libertà.
Palio di Somma-Jonas, che ti costa? Cosa diceva Matthieu nei fotogrammi finali del film? “Ricominciamo insieme: dal momento in cui tu cominci a camminare a quello in cui la politica e l’esercito sparano su migliaia di Jonas come te. Ricominciamo insieme, dal tuo primo giorno di scuola fino all’ultima decisione democratica […] Io dirò: nessuno deciderà più per noi. La prima volta non succederà niente; la decima volta ci sarà un’assemblea; la centesima volta uno sciopero […]”.
Allegoria per allegoria. Utopia per utopia. Sogno per sogno. Metafora per metafora. Facciamo allora che ognuno, per sempre, possa essere o diventare un credibile Matthieu, il papà di un Jonas, che avrà vent’anni nel futuro!

Somma Vesuviana, fine agosto 2015

Ciro Raia

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