Somma Vesuviana. Ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti e 41 gli indagati dell’inchiesta “Jordanus” il pm del tribunale di Nola Giuseppe Visone.
Inchiesta condotta nel 2013 dai carabinieri e dalla guardia di finanza delle Compagnie di Nola e coordinata dalla Procura nolana e che in realtà conta oltre 400 persone coinvolte, un’inchiesta divisa in tre tronconi giudiziari. Ieri l’udienza Gup nel corso della quale sono state escluse le eccezioni che erano state mosse dai legali di alcuni indagati (come il trasferimento di competenze al tribunale di Avellino). Per alcuni, infatti, il reato si sarebbe compiuto nell’avellinese nei loro studi professionali soprattutto per la parte inerente “l’alterazione di valori da bollo”. Diversa dagli altri poi la posizione di Natale Ambrosio, di San Giuseppe Vesuviano, che aveva chiesto la ricusazione del giudice Martino Aurigemma lo stesso che alcuni mesi fa, per un giudizio simile e strettamente collegato, si era espresso favorevolmente ad un patteggiamento della pena per l’avvocato Angelo BIanco (difensore di Ambrosio) dunque non può decidere ora il rinvio a giudizio. Alla prossima udienza la parola passerà agli avvocati difensori che avranno la possibilità di replicare.
Tra i 41 interessati dall’udienza di ieri anche il consigliere comunale di Somma Vesuviana Giovanni Bianco, eletto nelle liste dell’Aurora e che siede tra i banchi della maggioranza a sostegno del sindaco Pasquale Piccolo. Bianco, che è un avvocato, non è l’unico sommese coinvolto con lui ci sono altri colleghi fra questi Marco Coppola di Somma e Rossella Ranieri, di San Giuseppe Vesuviano (due degli avvocati per cui nel novembre del 2013 fu disposta l’interdizione dall’esercizio dell’attività forense), con loro il medico sommese Cesare Di Palma (considerato una delle menti dell’intera operazione) e Salvatore Duraccio, medico di Ottaviano allora in servizio presso il pronto soccorso ospedale Loreto Mare di Napoli che subì l’interdizione dall’esercizio attività medica. Fulcro dell’inchiesta furono proprio le dichiarazioni di Di Palma che raccontò nel corso di un interrogatorio il significato delle parole e dei termini usati nel corso delle telefonate tra gli indagati. Di Palma spiegò che il tariffario per “confezionare” i falsi referti alla base spesso di fasi incidenti andavano dai 5 ai 10 euro per una relazione medica, ai 30-100 euro per gli esami strumentali e relazioni, ai 100-150 per i referti ospedalieri. I medici e gli avvocati coinvolti, forse pensavano di essere intercettati, ed utilizzavano termini criptici per tutelarsi. Gli inquirenti scoprirono persino che a Somma Vesuviana presso lo studio medico di Di Palma era stato acquistato un macchinario per le ecografie e molte di quelle presentate per ottenere i risarcimenti erano state fatte dagli stessi medici e avvocati su loro stessi.
DA CRONACHE DEL VESUVIANO DEL 6 MAGGIO
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