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Ucraina. Onu, oltre 100 mila bambini orfani: “I genitori sono morti o li hanno abbandonati”

E’ salito ad oltre 1,7 milioni il numero di persone fuggite dall’Ucraina dallo scorso 24 febbraio, data dell’invasione russa. Lo ha reso noto l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). Dal 24 febbraio al 6 marzo, il numero di rifugiati ha raggiunto un totale di 1.708.436, riferisce l’ultimo aggiornamento pubblicato sul sito dell’Unhcr.

Di questi oltre un milione sono giunti in Polonia. Oltre 230mila persone sono rifugiate in Moldavia dall’inizio della crisi Ucraina, scatenando una pressione importante su un Paese con due milioni e 600mila abitanti. “Su otto bambini oramai uno è un rifugiato”, è l’appello del premier Natalia Gavrilita alla Cnn: “L’Ue deve creare corridoi per consentire ai profughi di lasciare il Paese”. Circa 120mila i rifugiati ucraini che hanno deciso di rimanere, “siamo al limite della nostra capacità di accoglienza”.

E sempre in Polonia scatta un ponte per portare via dall’Ucraina i bambini orfani. Lo hanno attivato decine di associazioni polacche che da giorni organizzano treni e pullman per cercare di far uscire i quasi 100mila bambini senza genitori, o perché sono morti o perché li hanno abbandonati. In Polonia ne sono già arrivati diverse migliaia e il governo, in collaborazione con la Caritas, ha allestito un hub nel sud del paese dove i piccoli vengono registrati e poi smistati in tutta la Polonia. “Sono stanchi, impauriti e hanno vissuto un doppio trauma, quello dell’abbandono e quello della guerra” dicono i volontari che si occupano di loro.

Secondo l’OMS più di 200 strutture sanitarie dell’Ucraina si sono trovate lungo le linee di conflitto o in aree di controllo modificate nel corso della prima settimana di conflitto con la Russia. Lo riferisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità  nel primo bollettino elaborato per fare il punto sulla situazione sanitaria in Ucraina. L’Oms evidenzia come la possibilità di offrire assistenza ai malati e ai feriti in Ucraina sia diventata molto difficile. In certe aree “si rischia l’interruzione dei servizi sanitari”. Ci sono segnalazioni, “alcune già verificate”, di strutture sanitarie “danneggiate o distrutte”. Almeno tre importanti impianti di ossigeno sono stati chiusi e le forniture sono “pericolosamente basse”; questo “ostacola il trattamento di una serie di condizioni, incluso il Covid-19”. Raggiungere le strutture sanitarie è difficile, a causa degli attacchi armati, dei danni alle strade e ai mezzi di trasporto, della mancanza di carburante e delle difficoltà di spostamento nelle zone dove c’è la presenza di militari. Ci sono “molti insediamenti isolati, che non hanno farmacie o centri medici”.

Le catene di approvvigionamento di farmaci, forniture mediche e altri beni sono state interrotte e, spiega l’Oms, “vengono già segnalati problemi legati alla scarsità di medicinali salvavita ed essenziali, come ossigeno e insulina, dispositivi di protezione individuale, forniture chirurgiche, anestetici ed emoderivati”. Inoltre, ci si prepara a una grave carenza di personale sanitario, “sia per questioni di sicurezza che per gli spostamenti, all’interno del Paese o nei Paesi vicini”. Tutti gli sforzi ora sono focalizzati sui feriti. “Ci sono già allarmi sulla disponibilità di posti letto”, fa sapere l’Oms. Il ministero della Salute, riferisce ancora l’Oms, ha sospeso tutti i ricoveri programmati e le procedure elettive per fare spazio alle emergenze. I call center istituiti per il Covid-19 sono stati riadattati per gestire la crisi sanitaria legata ai conflitti. Preoccupazione anche per le condizioni degli sfollati e dei rifugiati, con un aumento del rischio di focolai di malattie infettive (non solo Covid-19, ma anche morbillo o poliomielite) a causa delle condizioni precarie e del sovraffollamento nei centri e nei luoghi ritenuti sicuri.

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