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Zona rossa al teatro Bellini. Intervista a Licia Lanera:”Il teatro è la mia casa”

Napoli. Prosegue il nostro viaggio all’interno della “Zona rossa” progetto dei fratelli Russo, presso il teatro Bellini. Abbiamo intervistato gli attori reclusi, all’interno del teatro dove sono rimanesti per ben 76 giorni. Gli attori provenivano da tutta Italia, tra loro non si conoscevano, ma hanno vissuto intensamente dal 20 dicembre, fino allo scorso 5 marzo. La conclusione non è a caso, ma simbolicamente, la fine del progetto segna anche la la chiusura delle attività teatrali, esattamente un anno fa dei teatri d’Italia per via della pandemia. Questo progetto è stato intitolato Zona Rossa. Abbiamo invitato gli attori, a parlarci di questa loro esperienza intensa, hanno provato, hanno mangiato insieme, qualcuno non ha resistito fino alla fine. 76 giorni senza mai uscire. Vi riportiamo la nostra terza intervista all’attrice Licia Lanera.

Mi racconti un po’ di lei, ho letto che ha fatto sia cinema e teatro.

Sono Licia, ho 38 anni e vivo a Bari, ho una compagnia che porta il mio nome da 15 anni, questa compagnia prima aveva un altro nome, “Fibre parallele” dal 2005 al 2016, poi questa compagnia si è sciolta, era formata da me e Riccardo Spagnulo.  Nel 2016 ho preso in mano tutta la gestione della compagnia mentre Spagnulo ha fatto altro, è andato a vivere anche fuori Bari ed è diventata nel 2018 “Licia Lanera”. La compagnia era la stessa, alcune persone sono cambiate, altre si sono aggiunte, nel corso degli anni e altre sono nuovissime, Il mio teatro è di ricerca e non di tradizione, mi occupo per lo più di scritture originali o riscritture di classici, preferisco dirigere, scrivo anche ma quando sono costretta a farlo o quando sono in delirio emotivo e, recito. Sono un’attrice che lavora solo per se stessa. Ho lavorato solo una volta fuori dalla mia compagnia, in questi 15 anni ed è stato con Luca Ronconi, al Piccolo di Milano con cui ho avuto un rapporto negli ultimi anni della sua vita molto intenso, che ho conosciuto a Venezia e ho seguito le sue prove come assistente e poi mi ha chiamata a lavorare al Piccolo teatro. Dopodiché ho sempre lavorato per me e non amo andare a fare l’attrice per altri registi, perché per me il lavoro dell’attore è un lavoro che va legato a quello che voglio dire e non mi interessa l’esercizio recitativo fine a se stesso motivo per il quale mi trovo a fare anche molto poco, anzi quasi mai, serie Tv, fiction o film che non mi interessano a discapito del mio portafoglio ma a favore del mio benessere psicologico. Ho recitato in un film che si chiama Spaccapietre dei gemelli De Serio ed è in concorso per il David di Donatello ed è un film importante, è un film forte sul caporalato sud Italia. Un film molto bello, violento, mi sono sentita totalmente a mio agio, anche in alcune scene molto forti. I gemelli De Serio sono due grandi autori, è un film d’autore e come tutti i film di un certo livello ha avuto un eco in più combinato col coronavirus nonostante ci sia un nome molto famoso nello staff è il protagonista maschile è Salvatore Esposito. L’ultimo spettacolo che ho fatto, una trilogia sulla Russia dal titolo Guarda come nevica su tre autori russi, tre spettacoli della neve: “Cuore di cane” di Bulgakov, “Il gabbiano” di Čechov e una scrittura originale che si chiama “I sentimenti del maiale”, che affronta un po’ la scrittura di Maria Boschi e altre rockstar morte suicide. Quest’ultimo spettacolo ho fatto solo il debutto l’estate scorsa tra un blocco e l’altro della Pandemia. La mia compagnia si fonda sull’insegnamento, laboratori, poi io insegno anche in alcune scuole di teatro fuori Bari, allo stabile di Torino, all’Academia di Roma Cassiopea. Però ora è tutto fermo già fa un po’ e la cosa mi rende molto triste.

Alla chiamata del Teatro Bellini come ha preso l’idea del progetto?

Premetto che non avevo una profonda conoscenza dei fratelli Russo, ero stata una volta con lo spettacolo cuore di cane. E quando Daniele mi ha proposto questa cosa non ci  ho capito molto, cioè è un po’ quello che poi si è verificato, un’esperienza alla grande fratello, un’esperienza politica, una protesta politica, un’esperienza teatrale all’ennesima potenza, il fatto si dare uno spettacolo con degli sconosciuti insomma era tante cose insieme, e quindi la prima cosa che ho pensato e stata: Oddio i fidanzato e i gatti, li devo lasciare soli, ho avuto paura, poi però avevo bisogno di qualcosa che mi portasse lontano dalla città, perché come dicevo o insegno o sto fuori, in tournee o provo, non ho residenze, quindi questo anno barese mi ha particolarmente consumata, anche perché Bari è la città in cui ho deciso di vivere, dove ho la sede della compagnia dove faccio anche dei progetti ma è una città rimasta ancora culturalmente al Medioevo all’ennesima potenza, io nonostante abbia una certa storia ed anche una certa età sono vista sempre come la ragazzina che fa le cose del teatro strano. Quindi non ho molte risorse qui per cui avevo proprio bisogno di fare questa cosa e di rimettere in discussione alcune cose mie e anche della compagnia e di me stessa. E mi sono detta, fatti coraggio e vai, quello che sarà sarà, col rischio che sia un casino o anche no. Avevo molta paura, poi mi ha preso una sovreccitazione e non vedevo l’ora di andare via.

Cosa si aspettava da questa “zona rossa” è stata un full immertion dopo tanta astinenza di teatro, come l’ha poi vissuta?

Zona rossa è stato un esperimento zero, è partita con tante premesse, un caleidoscopio di questioni che a un certo punto secondo me sono state gestite, sia da parte nostra sia da chi ha pensato il progetto in maniera non abbastanza presente, l’elemento politico è stato un elemento totalmente fallimentare benché io per esempio ero una che ci credeva fortemente a questa cosa,  che potesse essere insieme ad altre cose che stavano succedendo in quel periodo, altre manifestazioni, potesse essere un ulteriore modo per sollecitare l’attenzione dei politici, ma questo non è stato, noi siamo caduti totalmente nella dimenticanza della politica, non è venuto nemmeno qualcuno dal Comune di Napoli.

L’idea di “sentirsi” spiati durante questo tempo, vi ha messo a disagio?

L’aspetto “grande fratello” non mi ha hai messo a disagio, perché noi eravamo ripresi soltanto durante l’orario di lavoro. Ogni tanto ci ho pensato che avrei messo a nudo i ferri del mestiere, ma la stessa cosa che dissi in un’altra intervista quando stavo per partire non ho paura del giudizio degli altri, credo nell’onesta intellettuale e nella grande sincerità. Ho un problema con la sincerità, non riesco a non esserlo, anzi io in questo ho collezionato tante gaff nella mia vita, sono capace di dire alla sposa il giorno del matrimonio che il vestito è brutto, quindi nel momento in cui c’è questa onestà intellettuale, e questa sincerità e poi però veniva chiacchierata o condannata da qualcuno non è un problema mio. Io non amo questa società così estremamente perbenista e sempre preoccupata di quello che si dice può destare l’ira di qualcuno. Infatti in quella famosa intervista a cui prima mi riferivo, dove sono stata molto oltraggiata sui social dicevo proprio che io ho fatto un mio pezzo di storia teatrale, mi riferivo non alla storia del teatro ma alla mia storia, sono caduta tante di quelle volte, mi sono perduta così tante volte, ho fatto del teatro tutta la mia vita. Raccontavo anche durante i giorni a zona rossa, che quando incontravo le amiche delle elementari, delle medie e mi chiedevano tu cosa fai, raccontando di avere figli o di aver studiato fuori, io ho sempre risposto: ho fatto il teatro, ho sempre fatto il teatro dalla fine del liceo, mi sono anche laureata. Ho dedicato tutto il mio tempo, sia come hobby che come lavoro. E poi il teatro mi ha ripagato. Per quanto riguarda il privato, durante zona rossa non eravamo ripresi, eravamo al riparo, la mia privacy era al riparo e totalmente protetta. Anzi da un lato ho pensato che questa cosa che ci ha protetti forse è stato un male dal punto di visto mediatico il progetto grande fratello teatrale non ha funzionato, perché al grande fratello si appassiona alle persone, alle loro storie, e quindi noi non venivamo fuori come anche il nostro esperimento sociale perché era un esperimento sociale, mettere insieme sei persone completamente diverse tra loro dentro una casa e passarci anche il Natale e il capodanno insieme. Questo aspetto non si è visto, come no si è viso quando ho preso a pugni la porta, non si sono visti gli scontri, i pianti, quando mi sono tagliata i capelli con le forbicine, oppure i brindisi tra le ragazze quando eravamo tutte un po’ tristi e ci siamo bevute una bottiglia di champagne molto costosa nel camerino. Insomma tutta una narrazione interna si è persa e questo è stato un peccato. L’aspetto teatrale è stato l’aspetto che all’inizio pensavo meno, invece poi il teatro è diventato il centro, perché il teatro è la nostra vita ed è la nostra natura perché siamo teatranti. Dunque dopo tanta fatica immane, siamo riusciti a fare questo spettacolo ed è stato bellissimo, mi ha dato la forza di andare avanti, perché ho patito molto la reclusione, sono una persona che vive sul lungomare di Bari, per cui faccio camminate al mare, vado a studiare all’aria aperta e in più lavoro e vivo con le persone che amo e che mi amano, e stare in un contesto di estranei è stato veramente faticoso. Però si è creato questo miracolo, sono molto contenta di questo spettacolo.

Tra voi vi conoscevate per pregresse collaborazioni?

No, non ci conoscevamo, è stato tutto un costruire da zero è stato faticoso anche bello. Poi con le ragazze si è instaurato un legame speciale, anche coi ragazzi ma tra donne di più.

Come lo vede ora il teatro, ha cambiato visione dopo questa sospensione forzata, che al momento ha privato anche noi spettatori si viverlo come un tempo?

Già prima del lockdown ero molto afflitta da un sistema che si basava molto sui numeri e poco sulla questione artistica, la mia compagni è anche ministeriale, e dei soldi del ministero ne faccio uso, e mi affatico a fare dei numeri che non si riescono più a fare. Un tempo quando ho incominciato, i direttori venivano a vedere uno spettacolo, vedevano se gli piaceva e lo compravano, e io ne mettevo uno in ogni stagione. Questo ora non esiste più è tutto uno scambio, tutto un meccanismo strano, si gioca al ribasso perché tanto c’è un importante affare borderò e a 2 lire si va, e quindi era un meccanismo che mi aveva parecchio stufato. Purtroppo, adesso sto leggendo Cecità di Saramango che non avevo mai letto, ed è raccapricciante leggerlo adesso. Purtroppo non è vero che le situazioni difficili traggono il buono delle persone, ma il più delle volte traggono il peggio perché una persona quando si sente schiacciata nelle difficoltà può far venire il peggio di se e lo spirito di solidarietà non sempre c’è. E così è accaduto e sta accadendo nel mondo del teatro in cui i vizi che potevano essere quello dell’invidia, il cattivo uso del denaro pubblico, dei grossi teatri e imprese di produzione o comunque abbandono totale dei più deboli, ahimè si sta rivelando e sta arrivando in maniera prepotente. Questo mi affligge molto. Quello che ho imparato in zona rossa è stato: imparare a proteggermi sia dal punto di vista umano da questo schifo che stiamo subendo, nostro malgrado e che la pandemia può, nel caso specifico del teatro, può non farmi andare in tournée per un certo periodo di tempo ma non può aggredire quella che è la mia poetica. Io lo streaming non lo faccio non lo voglio fare, e non credo in questa piattaforma che Franceschini si è inventato in cui non credo o delle norme che dice che sul palco devo stare con i guanti in scena, a modificare quella che è la mia questione artistica, Piuttosto vado a fare un altro lavoro, su questo sono radicale. Credo nell’unione tra le categorie e credo nella unione tra diversi lavoratori all’interno della stessa categoria, ma questo sembra quasi impossibile ci sono delle spaccature all’interno delle stesse categorie. Sono molto avvilita, rivendico continuamente questa questione dell’opera d’arte, in zona rossa ci siamo molto interrogati sulla questione artistica e i lavoratori dello spettacolo. Io riconosco, è ovvio di essere un lavoratore dello spettacolo, però riconosco anche di essere un artista, rivendico questa parola. Questa cosa deve essere risolta perché il teatro è un bene comune e per questo devono essere aperti come le scuole. Sono molto demoralizzata ma ho uno spirito che ho costruito piano piano nell’arco di questi giorni in zona rossa in cui sono stata chiusa fortissimo, per cui vediamo cosa accade.

Progetti futuri?

Progetti presenti, perché questo mondo non ci permette di avere idee sul futuro, la mia compagnia è un laboratorio in continuo lavoro, e stiamo lavorando a un piccolo progetto su Marina Abramovic, poi questa estate mi occuperò di un grosso evento in un sito culturale, dei beni culturale in puglia. Spero di iniziare la tournée quanto prima, è tutto sospeso. Spettacoli nuovi non ne faccio, perché come dicevo, ho debuttato ad agosto scorso al Carignano a Torino, al terzo lavoro di guarda come nevica, ho fatto solo il debutto a Torino, poi tutta la tournee è stata per l’ennesima volta cancellata, per cui non mi azzardo a fare uno spettacolo nuovo. A maggio ho una piccola cosa su Antonio Tarantino, il festivalino se si ma e un primo studio. Insomma tante cose, ho da rincontrare i miei allievi, ho da fare, per adesso studio, scrivo e cerco di portare avanti quelle 2 o 3 cose che probabilmente si faranno a prescindere dal coronavirus e dalla riapertura dei teatri che per ora sono in video o ini altra maniera.

Qual è stato l’ultimo lavoro a cui ha partecipato prima del lockdown 2020?

Qualche giorno prima che chiudessero i teatri ero in Svizzera, e stavo facendo la mia ultima recita di cuore di cane. Mentre il furgone scendeva verso Bari, mi fermai a Milano, per un appuntamento con un direttore di un teatro e poi dovevo andare a Torino ai festeggiamenti dell’anniversario di Ronconi. E li successe il panico, perché il direttore mi liquidò e non mi diede più l’appuntamento, a Torino chiusero i teatri, io avevo un aereo prenotato nei giorni successivi, mi misi in viaggio verso barii treni erano presi d’assalto e si è poi verificato il casino che si sarebbe verificato nei successivi all’annuncio del primo lockdown, presi almeno tre treni per tornare a Bari, spezzettai il viaggio, dopodiché ci riprovammo e il 4 marzo andai ad Assisi, perché il 5 avevo uno spettacolo, cenammo ad Assisi con la mia compagnia e a mezzanotte arrivò il comunicato della chiusura di tutti i teatri e il 5 mattina, ripartimmo per Bari, e poi il resto è storia. E oggi è l’anniversario del lockdown in tutta Italia, mi ricordo che quando iniziò mi venne quasi da ridere, mi piace questa pausa mi metto un po’ a studiare, e dissi: mah un po’ di tempo a casa non mi dispiace, e poi ho patito. Ho iniziato a cucinare

Licia Lanera fonda nel 2006 a Bari la compagnia teatrale Fibre Parallele insieme a Riccardo Spagnulo. Realizza come regista e attrice i suoi primi lavori Furie deSanghe – Emorragia Cerebrale, Duramadre (2011), Lo splendore dei supplizi (2013), La beatitudine (2015). Nel 2011 vince il Premio Landieri come miglior attrice italiana giovane. Nello stesso anno sono assegnati alla Compagnia il premio Lo straniero per il teatro e il premio Hystrio– Castel dei Mondi. Nel 2012 inaugura a Bari Agli Antipodi, progetto dedicato alla formazione teatrale, tenuto dagli attori della compagnia. La compagnia organizza seminari con artisti provenienti da tutta Italia e ospita residenze per compagnie prive di spazio prove. Dal 2010 Licia si è dedicata alla formazione teatrale. Nel 2012 studia con Luca Ronconi alla Biennale Teatro Venezia e nel 2014 debutta al Piccolo Teatro di Milano recitando nella Celestina di Fernando De Rojas diretta da Luca Ronconi. Nel 2014 vince il Premio Eleonora Duse, il Premio Virginia Reiter e il Premio UBU come migliore attrice italiana under 35. Con la produzione di Fibre Parallele, Lanera dirige e interpreta nel 2016 Orgia di Pier Paolo Pasolini e nel 2017 The Black’s Tales Tour, sua prima drammaturgia. Nel 2018, per identificare le sue più recenti creazioni e produzioni artistiche, Fibre Parallele cambia nome in Compagnia Licia Lanera che, supportando diversi progetti teatrali, diventa un’impresa culturale. Nello stesso anno la compagnia ha prodotto lo spettacolo Mamma di Annibale Ruccello, interpretato e diretto da Danilo Giuva. A marzo 2018 è docente presso “La scuola per attori” del Teatro Stabile di Torino per cui cura lo spettacolo conclusivo del ciclo: la regia di Roberto Zucco, tratto dal dramma di Bernard-Marie Koltès, spettacolo che debutta nell’ambito del Festival delle Colline Torinesi nel mese di giugno dello stesso anno. Nello stesso anno Licia Lanera è impegnata nella direzione artistica di Cuore di Cane di Michail Bulgakov, progetto che ha visto la sua prima forma di lettura nel novembre 2017 in occasione della partecipazione alla trasmissione radiofonica di Rai Radio 3. Nel mese di ottobre 2018 dirige e interpreta Guarda come nevica 1. Cuore di Cane di Michail Bulgakov, primo spettacolo della trilogia Guarda come nevica dedicata ad autori russi che vede come co-produttore il TPE – Fondazione Piemonte Teatro di Torino per tutti i capitoli della trilogia. Per lo spettacolo teatrale Cuore di cane, Licia Lanera e Tommaso Danisi sono stati tra i finalisti dei Premi Ubu 2019 rispettivamente per il ruolo di miglior attrice e di migliore progetto sonoro. Nei mesi di giugno e luglio 2019 Licia Lanera è docente presso “La scuola per attori” dell’Associazione Culturale Cassipoea di Roma per cui cura la regia di Le Rane di Aristofane, spettacolo conclusivo dei diplomati dell’accademia. Nel mese di novembre 2019 dirige e interpreta Guarda come nevica 2. Il gabbiano di Anton Cechov, secondo spettacolo della trilogia Guarda come nevica dedicata ad autori russi. A dicembre 2019, cura la direzione artistica e la regia degli spettacoli di prosa che hanno animato la riapertura del teatro comunale “Niccolò Piccini” di Bari: quattro estratti di tre diverse commedie di Eduardo De Filippo e diverse performace di attori e danzatori all’esterno del teatro. Durante il lockdown del marzo del 2020, scrive il terzo capitolo della Trilogia che debutta a fine agosto del 2020 al Festival delle Colline Torinesi come Guarda come nevica 3 I sentimenti del maiale da lei diretto e interpretato. Nel mese di settembre, si reca alla Mostra del Cinema di Venezia, dove nel circuito Giornate degli Autori, ha debuttato Spaccapietre, l’ultimo film di Gianluca e Massimiliano De Serio. Licia è la protagonista femminile del film, girato nella primavera del 2019.

A proposito di Zona Rossa:

Ho usato un’infinità di volte l’espressione: “il teatro è la mia casa”. Se ciò che dico e ridico, che scrivo e riscrivo è vero, Zona rossa è il mio posto. Dopo tanta lontananza, vado a fare il pieno di teatro, vado a fare il pieno di vita, dunque.

Fuori il mondo è brutto, ci sono le file davanti ai negozi, c’è il covid, lo sconforto di un anno desolato, le bollette da pagare, gli orecchini in regalo a Natale (ma quante volte vi devo dire che NON HO I BUCHI?). Dentro invece ci può essere il mondo che voglio, basta inventarlo. Il teatro è la mia casa, dal 20 dicembre abito a Napoli, in via Conte di Ruvo 14. Licia Lanera

 

Ph Andrea Macchia e Guido Mencari

 

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