lunedì 29 Aprile 2024
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Foll(i)a di Carnevale: Mostra Fotografica di Carmine Ciccone – Carnevale Savianese ieri e oggi … 2a edizione

Palazzo Allocca dal 27 Gennaio al 17 Febbraio 2024

Sabato 27 Gennaio 2024 presso l’archivio storico di Palazzo Allocca a Saviano, il Comune di Saviano La Fondazione Carnevale Savianese e la Pro Loco ‘Il Campanile’ di Saviano presentano l’a mostra fotografica di Carmine Ciccone ‘Foll(i)a di Carnevale’.

L’evento, seconda edizione della rassegna ‘Carnevale Savianese ieri e oggi…’, organizzata e curata dallo scenografo Carmine Ciccone, sarà inaugurato alle ore 19,00 di sabato 27 Gennaio la mostra resterà allestita e visitabile fino al 17 Febbraio
Orari di apertura: nel giorno di sabato 27Gennaio dalle ore 19,00 fino alle ore 22,30; poi tutti i giorni dalle 17,00 alle 20,00 la domenica dalle ore10,00 alle ore13,00.

Luogo: Palazzo Allocca, corso Garibaldi, n.14, Saviano (Na) https://maps.app.goo.gl/HC33s3cFCSPjWHS7A  Per contatti: Carmine 3314360162 Foll(i)a ….

Quando agli inizi degli anni ottanta cominciarono le prime edizioni del Carnevale Savianese, Carmine Ciccone fotografava già da tempo. Come molti studenti d’ arte, sperimentava ogni possibile tecnica che incontrava. Il disegno, la pittura, la grafica, erano il suo pane quotidiano E la realizzazione dei carri del Carnevale, (i primi di una lunga serie), fu per lui naturale evoluzione delle sue abilità di scultore. Ma già a quel tempo, la fotografia costituì una parentesi particolarmente felice dei suoi interessi di giovane artista, quella in cui metteva una sua speciale passione. Rammento certi felici esperimenti che gli erano stati suggeriti dalle lezioni di Mimmo Jodice all’ Accademia di Belle Arti, immagini in cui un dettaglio dell’insieme, (solitamente una persona mascherata) risultava nitidamente colto in un guizzo o una mossa, su una moltitudine di folla ridotta a un magma colorato, veri e propri ectoplasmi cromatici. Misteriose maschere ferme, e sul fondo scie di altre maschere sfocate e mosse, che restituivano la particolare follia di quella folla (da qui il gioco di parole che da titolo alla mostra). Erano visioni capaci di restituire il mistero di quella gente in quella speciale condizione di festa. Il Carnevale, e specialmente il periodo che lo precedeva, diventò per Carmine un momento importante della sua attività d’ artista, una specie di laboratorio dove sperimentare i suoi esercizi, le ricerche, le passioni. Quando la stagione carnevalesca si esauriva, era tempo per indagare altri amori, la pittura per esempio o il teatro. Ma la fotografia non si fermò mai, perché per Carmine fotografare è come respirare. Perfino la sua lunga attività di grafico e di arredatore d’interni, non ha mai condizionato quella di fotografo, quasi che questa sia la sua vera e più sentita attività interiore, quella che i francesi chiamano ” le violon d’Ingres”. Una cosa che si fa soprattutto per se stessi. In questa mostra c’è solo una piccola parte di questo suo esercizio quotidiano. Una pagina di un libro infinito che raccoglierebbe, se fosse editato, un mondo di visioni che molti fortunati come me, condividono di frequente grazie ai tanti vituperati mezzi social. Questo particolare non è secondario perché mentre un tempo la macchina fotografica rappresentava un oggetto ingombrante e molto visibile agli altri, lo smartphone è uno strumento più semplice, leggero, e sempre con noi. Una fotocamera vera e propria, che può essere usata in modo consueto, come facciamo in tanti, per documentare il nostro quotidiano, o in modo speciale come fa Carmine, per creare le sue immagini. La discrezione è un dato essenziale del suo lavoro anzi del suo modo di essere, e lo smartphone è per lui lo strumento ideale per cogliere la realtà. Certamente il modo più efficace e meno invadente per fermare lo sguardo sul mondo intorno, e restituircelo nelle sue fotografie. Chi ha conoscenza delle sue immagini sa che per Carmine il più vivo interesse è la gente, nella sua espressione di insieme, e soprattutto le persone, nel significato di esseri unici. Tutto il suo talento sta nel restituirci il ritratto di una umanità che spesso condividiamo con lui, ma che non vediamo come lui vede, come fa lui per noi. Per questo semplice e straordinario talento, Carmine Ciccone è un bravissimo fotografo, perché ci riconsegna il nostro mondo, con una visione nuova, come fa ogni artista. E perfino il Carnevale, il “nostro” Carnevale Savianese, è per lui qualcosa che a noi sfugge, e che vediamo per la prima volta, come rivelazione. Sono immagini di persone, in un momento dell’anno in cui possono essere “altre”, derubricando il loro ruolo consueto, deregolando dal normale modo di essere. Ci sono maschere in queste fotografie, perfino maschere di invenzione recente (perché il mondo forse ha bisogno di sempre nuove maschere), ma sono più intense le persone non travestite, per le loro pose, per le loro espressioni, talvolta incredibili. Viene in mente un particolare curioso e illuminante. Viene in mente un particolare curioso e illuminante (forse), che la parola Persona, in lingua latina e greca, non indicava l’individuo come poi è stato, cioè l’essere umano, ma specificamente l’oggetto maschera, così importante nella cultura teatrale greco romana. È indicativo che persona e maschera in un tempo che ci appartiene, siano state la stessa cosa o quasi. (Ingmar Bergman ne fece un film che in lingua svedese originale si intitolava Persona). Ancora oggi, troppo di frequente le persone sono costrette ad indossare maschere nella vita di ogni giorno. E l’essenza stessa del Carnevale, che spariglia regole e abitudini, fa delle persone e delle maschere (o persone mascherate) la condizione di normalità che in altri giorni è vietata o abbandonata. In quella libertà sta il fascino del Carnevale, perché ammette quella follìa che in altri momenti non è accettata. E in quella sospensione della norma etica in cui ogni cosa è permessa, il gioco degli scambi spesso ad essere alternativo alla normalità. Una folla di folli, una foll(i)a di Carnevale. Forse il solo momento in cui maschera e persona ridiventano la stessa cosa, come nella loro verità etimologica, come nelle nostre radici, che Carmine ci regala

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