sabato 4 Maggio 2024
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Quei ragazzi senza valori che infieriscono su Giancarlo Siani. Lo specchio di una società malata e di famiglie off limits

E’ recente la notizia della proiezione del film Fort Apache per la scuola media Maiuri del Vomero e la reazione insulsa e folle di alcuni studenti che hanno applaudito alla scena in cui il coraggioso giornalista veniva ucciso dai perfidi killer della camorra.

Ciò ha alimentato una forte reazione mediatica, plausibile e giustificata, nonostante le insulse smentite di alcune professoresse della scuola che dicevano che tale “fosse un sintomo di forte emotività” dei ragazzi colpevoli. Una minghia di paravento. Se esulti ad un assassinio vuole dire che non hai capito un mazza di dove stia il bene e dove il male.

Noi ci sentiamo di aggiungere e precisare: nessuna ipersensibilità come ribadito dagli imbarazzati e forse omertosi docenti, costoro sono il riflesso alimentato di un gioventù bruciata e marcia.

Ed allora. Ritocchiamo temi antichi e bolliti ma attuali. Ma perché mai un branco di giovani dovrebbe fare il tifo per i cattivi e non per i buoni. Il seme marcio parte dalla fonte, dalle radici. Dalle famiglie. Che spesso ai giorni d’oggi sono fortemente diseducative. Incapaci di svolgere una funzione di guida, di esempio per la propria prole. Famiglie separate e sbandate o comunque unite ma in cui ogni genitore è più attento alle proprie esigenze, alle nuove conoscenze in chat, al proprio ego smisurato piuttosto che all’educazione dei figli. Lo specchio del fallimento della famiglia tradizionale. Andata a farsi benedire, al cospetto di goffi tentativi di politici dai costumi ambigui che sponsorizzavano patetici family day.

Famiglie sfasciate. O che non hanno alcun principio di riferimento per i figli. Ragazzi che crescono in balìa dello squilibrio collettivo dei social media, abbandonati a se stessi in un mondo che vede solo l’icona del profitto e dell’apparenza e che penalizza approfondimenti, riflessioni e ogni spunto culturale.

In questo triste scenario ne viene fuori un quadro drammatico di una gioventù, di una discendenza rasa al suolo, che non sa distinguere fra il legale e l’illegale, fra il buono e il cattivo. Che non ha il concetto minimo di chi sia diavolo e chi acquasanta.

Ragazzi imbarbariti perché barbaro è il loro intorno. Non c’è nulla di buono, nessuno che possa indicargli la via maestra. Famiglie assenti e diseducative partoriscono figli di nessuno. Sbandati sulla via maestra. Giancarlo Siani è da sempre il simbolo di una indipendenza intellettuale tradita, di un coraggio osteggiato dai poteri clientelari di un giornalismo timido e codardo. E’ inimmaginabile che in qualsiasi paese civile si sia applaudito alle scena in cui il valoroso cronista veniva vigliaccamente assassinato. In Germania, in Francia, negli Stati Uniti forse non sarebbe accaduto, ma perché in Italia sì. Forse perchè da decenni noi abbiamo perduto ogni senso di appartenenza a una società civile, spirito sociale zero, strafottenza collettiva mille. Povera Italia, alla viglia del solito 25 aprile di retorica e frasi trite e ritrite.

Per rabbia verrebbe voglia di dire: ed allora che siano sottratti alle famiglie di appartenenza questi ragazzi sfasati se i genitori non sono in grado di insegnargli le basi della società civile. Ma ciò accade solo in casi di gravi inadempienze genitoriali e familiari. I grassi figli della borghesia sono destinati ad ingrassare con accanto la loro assoluta mancanza di valori.

 

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Vincenzo Famiglietti
Vincenzo Famiglietti
Ha iniziato la carriera giornalistica a metà degli anni novanta presso il quotidiano sportivo, di breve vita, Sport in Campania, per poi approdare alle redazioni della Verità-Napoli più e successivamente del Corriere del Pallone. Negli anni più recenti ha collaborato per varie testate on line, scrivendo di sport, costume, politica interna ed estera, spettacolo e dei temi più disparati. Si reputa un giornalista completo, versatile nel trattare argomenti di vario genere. E’ spesso ospite come opinionista in molte trasmissioni sportive locali. Ama definirsi una “penna tagliente”, spesso anticonformista e in controtendenza, poco politically correct, sempre impegnato alla ricerca di verità scomode.

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