SOMMA VESUVIANA. 125 anni fa nasceva il principe della risata, Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio conosciuto semplicemente come Totò. Anche se di semplice non c’è nulla nella vita di un artista che va ben oltre l’essere una icona, fu attore, commediografo, poeta, paroliere, sceneggiatore e anche un benefattore. Alla sua vita e al suo nome è legata anche la città di Somma Vesuviana ed uno dei suoi beni architettonici più importanti: il castello d’Alagno conosciuto anche come il castello de Curtis o di Totò appunto. Tante le voci, le leggende, le ipotesi, per fare un po’ di chiarezza chiediamo direttamente
ad Alessandro Masulli, responsabile dell’archivio storico di Somma Vesuviana.
“L’attuale castello d’Alagno o De Curtis di Somma Vesuviana, di epoca aragonese, fu eretto per sostituire un altro di origine normanna ubicato più a monte”, spiega Masulli, “Qui Donna Lucrezia d’Alagno stabilì la sua dimora dopo la morte, avvenuta il 27 giugno 1458, del suo amante Re Alfonso d’Aragona, che le aveva donato l’intero territorio. Alfonso nel 1488, ormai cinquantenne, incontrò e conobbe la diciassettenne Lucrezia, figlia di Cola d’Alagno. L’idillio con il re fruttò a Lucrezia ed ai suoi parenti ricchezze ed onori di ogni genere. Dopo la morte di re Alfonso, il figlio naturale Re Ferrante, da successore al trono, cercò di convincere la nobildonna a cedere la roccaforte. Lucrezia non volle neppure vederlo e dopo ben 27 giorni di assedio, in disperate condizioni, consegnò il castello al successore al trono. La roccaforte appartenne, poi, a Giovanna III aragonese ed alla figlia Giovanna IV fino 1518. Nel 1691 Don Felice Fernandez de Cordova, Duca di Sessa e Somma, affittò il Castello a tempo indeterminato al barone napoletano Luca Antonio de Curtis. Più tardi, ancora, nel 1750, il marchese Michele de Curtis si aggiudicò la locazione a vita. A Somma Vesuviana è ancora diffusa tra il popolo la convinzione che questo antico castello sia appartenuto anche a Totò, il principe della risata (1898 -1967)”.Ecco questa convinzione di cui tutti parlano da sempre, ci può spiegare cosa c’è di vero?
“Nel 1936 Antonio De Curtis, Totò appunto, si presentò a Somma Vesuviana e per la prima volta nel maniero”, aggiunge il responsabile dell’archivio della città vesuviana. “Fu il marchese Francesco Maria Gagliardi a condurlo al cospetto dei nobili De Curtis con lo scopo di trovare una colleganza parentale tra l’attore e la blasonata famiglia. All’epoca la mania di Totò per la nobiltà era divenuta parte determinante della sua vita; tanto ché, già nel 1933, si era fatto adottare proprio dal Gagliardi per poter ereditare il lunghissimo elenco di titoli nobiliari. L’anno seguente il marchese Gaspare De Curtis (1887 – 1938), rappresentante della famiglia, ospitò in quel castello di Somma, oltre a Totò, anche la moglie Diana Rogliani, e la piccola figlia Liliana. La famiglia alloggiò per una settimana in un’ala del castello, che era all’epoca privo di elettricità e riscaldamenti. Il grande attore – come riferisce il professore Ciro Raia (scrittore e storico, ndr) – si era sempre detto certo di vantare rami di parentela con gli eredi dei De Curtis di Somma Vesuviana e a convincerlo, maggiormente, era stata anche la presenza nel castello di una settecentesca tela raffigurante un nobile De Curtis in divisa e con tricorno. Totò comprò allora quell’opera per l’iperbolica somma di lire duemila e iniziò a vedere finalmente in quel dipinto una certa rassomiglianza con se stesso”. Proprio quel quadro, insieme ad altri importanti documenti rinvenuti nel castello sommese, gli permisero di presentare la richiesta del riconoscimento dei titoli nobiliari da parte del tribunale di Napoli.
“Inoltre il marchese Gaspare De Curtis, gravato di debiti per il suo vizio del gioco, accettò addirittura l’ingente somma mensile di tremila lire come amministratore della compagnia teatrale dell’attore”, racconta ancora Masulli, “Una somma di denaro quasi dieci volte il salario di un dipendente del tempo del Banco di Napoli. Gaspare, assecondata la mania parentale dell’attore, e convinto che mai più si sarebbe avuta una tale occasione di lavoro, si trasferì a Roma. La vita nella capitale italiana era diventata agiata e splendida: il marchese Gaspare si era insediato in un appartamento di via Clisio con la sua amante, mentre Totò abitava a via Tibullo. Ma ogni cosa, come ben sappiamo, ha un suo inizio e una sua fine: Gaspare abbandonò definitivamente la compagnia ed il suo lavoro dopo forti diverbi con Totò. Pochi mesi dopo, il 22 settembre 1938, il marchese, morì. Gli incontri della nobile famiglia De Curtis con Totò si dissolsero nel tempo – continua il prof. Raia. L’ultimo incontro avvenne nel 1944 con il marchese Camillo De Curtis prima della sua partenza per il Venezuela. Totò, ormai riconosciuto grande attore, solo sporadicamente fece ritorno a Somma Vesuviana. Nel 1952 l’attore, con una fiammante auto decappottabile e con tanto di autista in livrea e stivali lucidi, ebbe ancora modo di venire a Somma. Si trattava di acquistare definitivamente il castello che più volte aveva tentato di comprare e che poteva essere il completamento del suo sogno di nobiltà. Totò conosceva in città il poeta Gino Auriemma (1900 – 1960). Nella sua visita al castello l’attore era seguito dalla nuova compagna Franca Faldini. Il colono Vincenzo Aliperta alias caparossa offrì alla dolce signora un fascio di fiori di pesco. Giunti sulla torre nord-ovest, la coppia poté ammirare lo splendido panorama circostante. Lasciando il castello ebbe il tempo di lasciare una sua foto con dedica al figlio del poeta Gino e al colono Vincenzo ‘e caparossa”. Mentre dell’acquisto del castello, come si sa, non se ne fece nulla ed oggi è patrimonio del Comune di Somma Vesuviana.

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