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“A quarant’anni dalla morte di Mimmo”, il ricordo del consigliere Michele Saviano

Ottaviano. 07/11/2020

A quarant’anni dalla morte di Mimmo…

Il 7 novembre del 1980 mi trovavo a vivere – come giovane politico militante, come ottavianese, ma soprattutto come amico – uno dei momenti più drammatici della mia vita e della vita del mio paese. Sono trascorsi 40 anni dal barbaro assassinio del consigliere comunale, dell’amico Mimmo Beneventano, il cui nome deve ricordarci, oggi come sempre, e forse più di sempre, l’importanza e l’eterna attualità di parole quali legalità e giustizia. Parole, ideali che una cattiva politica e l’impoverimento di senso civico e storico proprio dei nostri tempi rischiano di svuotare di senso. Il rischio è ancora più alto in questi tempi di crisi, dove ogni legame sociale, ogni solidarietà tra gli uomini sembra poter venire meno, sembra poter essere dimenticata in nome di una contingenza erroneamente ritenuta superiore. Per questo, oggi come sempre, e forse più di sempre, è necessario rinverdire il ricordo di quel ragazzo, di quell’amico, che quegli ideali di legalità e giustizia, di solidarietà e coscienza civica e sociale seppe incarnarli per tutta la sua breve vita, senza compromessi, fino al punto di sacrificare, per essi, la vita stessa.
Ricordo che, all’indomani del vile assassinio di Mimmo, i comitati giovanili e scolastici di Napoli e provincia, un prete eccezionale come don Riboldi e Antonio Bassolino, allora giovane militante del P.C.I., organizzarono una marcia per le strade del nostro paese: ricordo anche che la Ottaviano civile, le istituzioni, molti dei partiti politici furono i grandi assenti, quel giorno. Qualche partito prese addirittura le distanze. La gente comune sbirciava impaurita da dietro le finestre, attenta a non farsi vedere, quella folla di giovani che, gridando a gran voce il nome di Mimmo Beneventano, sfilavano in difesa di quegli ideali che Mimmo aveva fatto propri: legalità e giustizia, solidarietà e impegno civile.
Per molti anni, dopo quella tragica mattina, una scritta comparve sui muri della città, scritta che è rimasta indelebile nei nostri cuori, nella nostra mente, anche se il tempo e la mano dell’uomo hanno cancellato quelle parole dai muri: «Mimmo è vivo e lotta insieme a noi: le nostre idee non moriranno mai».
A 40 anni di distanza, in un momento così triste e confuso, il rispetto che devo alla memoria di Mimmo e alla sua battaglia mi impone di pormi ancora e più di sempre le medesime domande: cosa è cambiato nel nostro territorio vesuviano – e in Italia – in questo lasso di tempo? Perché è morto Mimmo? L’estremo sacrificio della sua vita è servito a cambiare qualcosa? C’è qualcosa, qualche risposta che oggi, a 40 anni di distanza, possa giustificare il suo sacrificio?
Ma soprattutto: noi compagni di allora, noi ragazzi di allora, noi che con le nostre mani abbiamo scritto quelle parole, noi che le urlammo per strada, abbiamo contribuito ad alimentare quegli ideali? Abbiamo portato avanti la battaglia di Mimmo? Abbiamo trasmesso quegli ideali ai nostri figli? E i nostri ragazzi, le nuove generazioni sanno chi era Mimmo Beneventano? Sanno delle battaglie da lui condotte in un isolamento ipocrita da parte di chi, invece di lasciarlo solo allo sbaraglio, avrebbe dovuto proteggerlo e tutelarlo? Abbiamo sconfitto quella connivenza, appunto, ipocrita, oppure è l’ipocrisia ad aver sconfitto molti di noi? Abbiamo parlato abbastanza ai nostri ragazzi della lotta di Mimmo, della nostra lotta, contro quella criminalità organizzata e quel potere politico colluso che tentavano con arroganza di mettere le proprie mani sulla città, sul territorio, senza alcuna remora nel censurare, anche reprimendolo nel sangue, chiunque si azzardasse a ribellarsi contro quei criminosi disegni? Sanno, i ragazzi di oggi, chi era Pasquale Cappuccio e perché fu ammazzato? Sanno chi è stato Raffaele La Pietra, che solo per miracolo non ebbe lo stesso tragico destino? E noi, ragazzi di allora, abbiamo fatto abbastanza affinché il sacrificio di questi uomini rimanga vivo nella memoria collettiva a ricordarci sempre che anche la nostra bella cittadina aveva toccato il fondo e che anche oggi, più che mai, bisogna sempre mantenere alto il livello di guardia? Abbiamo trasmesso ai ragazzi di oggi l’amore per quegli uomini, per le loro idee, per le loro battaglie? Abbiamo continuato a lottare o ci siamo arresi? Qualcuno, purtroppo, ha voltato le spalle alla lotta. Ma non tutti. Alcuni di noi, ciascuno a modo proprio, hanno continuato a lottare!
Ecco, allora, perché oggi come sempre, e forse più di sempre, continuo, come è necessario fare, a discutere di quegli ideali, a parlare di legalità e di giustizia, mi ostino a fare in modo che queste parole non rimangano simulacri vacui e vuoti. Continuo a farlo perché è necessario fornire una risposta a quelle domande. E se le risposte non ci sembrano soddisfacenti, allora è necessario rimboccarsi le maniche e lavorare, continuare a lottare, comportarci in modo tale da poter rispondere: SI, la morte di Mimmo è stata utile per la causa della giustizia, della rettitudine, della legalità.
Per quanto mi è stato possibile, ho sempre fatto in modo che la memoria di Mimmo restasse viva: ero presente, nel ruolo di Presidente del I circolo didattico di Ottaviano, quando nel 1999 coadiuvai la forte e determinata volontà dell’allora Direttore didattico Alessandro Scognamiglio nell’intitolare quel plesso scolastico proprio alla memoria di Mimmo Beneventano. Un evento che, già allora, considerai come un segnale forte e importante per le generazioni future, che tra le mura di quella scuola si sarebbero formate. Né esisteva un nome più degno di quello di Mimmo: lui che i bambini li amava veramente, come amava tutte le categorie dei deboli e degli oppressi, come quando con la sua vecchia auto trasportava i disabili e li rallegrava cantando a squarciagola per dare loro sollievo. Un uomo bello, forte, che gridava e grida ancora oggi e nel futuro che si può essere onesti e morire, ma anche onesti e vivere in una società che da questi uomini e da questi esempi trarrà insegnamenti per diventare migliore. Ricordo ancora le parole scritte da un’alunna di quel circolo per l’occasione: «Mimmo, non ti ho mai visto con il camice bianco curare gli ammalati. Eppure ti conosco. Ti conosco attraverso le parole di mio padre, che era tuo amico, parole che ricordano un uomo buono e gentile, un medico infaticabile e generoso con tutti, un poeta che sapeva esprimere con i versi di una poesia i sentimenti più belli, di un cittadino ucciso perché credeva nella lealtà».
Ho avuto, ancora, l’onore di vedere intitolata al nome di Mimmo Beneventano la vecchia via Croce Rossa. Ho lavorato, in qualità di Sindaco di Ottaviano, per realizzare la “settimana della legalità” in gemellaggio col suo paese d’origine, Sasso di Castaldo, dove Mimmo è stato sepolto; ricordo ancora con emozione il Consiglio comunale straordinario che si tenne allora nella sala consiliare di Sasso con la partecipazione delle amministrazioni di entrambi i paesi. Come Sindaco, ancora, ho lottato, anche a nome di Mimmo, perché il Palazzo Mediceo, dopo gli oscuri anni in cui era stato ostaggio della criminalità organizzata e dopo altrettanti anni trascorsi nell’abbandono e nell’incuria, fosse portato a nuova vita e finalmente restituito alla cittadinanza. Ho lottato, e lo rivendico con orgoglio, anche perché il nostro Palazzo divenisse sede del Parco Nazionale del Vesuvio: anche questo lo dovevo a Mimmo, e alla sua battaglia in difesa della nostra splendida montagna, della nostra terra.
Tuttavia, il momento più intenso e sentito di tutti è quello che da 40 anni, ogni anno, vivo la sera del 7 novembre, insieme a pochi amici, i soliti amici, e alla sua famiglia, in quella strada, su quel marciapiede dove Mimmo perse tragicamente la vita in un grigio mattino, sotto gli occhi terrorizzati della cara mamma, mentre si apprestava ad andare a lavoro. Quella mattina Mimmo è morto per aver avuto il coraggio di combattere contro la criminalità organizzata e contro i politici collusi e corrotti una battaglia che la cosiddetta società civile e i partiti politici di oggi dovrebbero continuare a combattere per il trionfo di quegli stessi, altissimi ideali: per la legalità, per la tutela del territorio, per l’affermazione e il rispetto dei diritti dei più deboli e degli indifesi, di quelli, per dirla con Mimmo, che non hanno voce. Quelli che oggi sembrano moltiplicarsi e trovare sempre meno strumenti per lottare contro l’ingiustizia sociale.
Che si continui ancora, dopo 40 anni, a ricordare Mimmo Beneventano è importante, fondamentale. Ma non basta. Il sacrificio di Mimmo, la sua vita spezzata a soli 33 anni, merita di più, molto di più. Tutti noi, società civile, istituzioni, partiti politici, dobbiamo essere spinti ad uno scatto di dignità, in modo che la politica sia nei fatti un’arte nobile, da utilizzare non per fini subdoli di gestione del potere, ma come strumento per affrontare e risolvere i problemi della gente. Tutti noi, donne e uomini, cittadine e cittadini, dobbiamo impegnarci oggi come sempre, e forse più di sempre, perché quegli ideali siano i pilastri su cui edificare la nostra vita e il futuro della nostra società.
Per poter finalmente affermare che Mimmo, Pasquale e i tanti altri martiri che il nostro paese e la nostra gente hanno dovuto piangere e continuano a piangere non sono morti invano, ma sono vivi e continueranno a lottare insieme a noi, mantenendo vive le nostre idee.
Scriveva Giovanni Falcone: «Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini». Ed è per questo che sento di dire: grazie Mimmo, per quanto hai fatto e continui a fare per il nostro paese, per i ragazzi di allora e per i ragazzi di oggi. Grazie perché ci hai insegnato a lottare e a ribellarci. A gridare per quelli che non hanno voce. Grazie a Mimmo che è vivo e che lotta insieme a noi. E alle sue idee, alle nostre idee, che non moriranno mai.

Michele Saviano

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