venerdì 26 Aprile 2024
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Settecento napoletano: Giuseppe Giordani e il Real Teatro del Fondo

a cura di Alessandro Masulli

Giuseppe Giordani, compositore napoletano, aveva studiato al Conservatorio di Santa Maria di Loreto di Napoli, situato nel borgo marino vicino alla Piazza Mercato di oggi.

Qui Giuseppe studiò dal 1761 al 1772, insieme a circa 200 studenti, avendo tra gli altri come compagni di corso Domenico Cimarosa (1749 – 1801) e Niccolò Zingarelli (1752 – 1837). Quest’istituzione, come tante altre sul territorio, era stata fondata nel 1537 da alcuni benefattori napoletani per raccogliere l’infanzia abbandonata e dare loro una educazione finalizzata a un’occupazione come artigiani. All’epoca la maggior parte dei prestigiosi esponenti della “scuola napoletana” era di origine pugliese: Leonardo Leo, Domenico Sarro, Nicola Fago, Tommaso Traetta, Niccolò Piccinni, Giacomo Insanguine, Giovanni Paisiello e Giacomo Tritto. Giuseppe Giordani, invece, era nato a Napoli nel 1751. Dopo essersi diplomato al Conservatorio, era stato nominato maestro di cappella “soprannumerario” del Tesoro di San Gennaro nel 1774. Da alcuni documenti si evince, addirittura, che all’ inizio della sua attività non gli fu permesso di rappresentare un dramma per musica al Real Teatro di San Carlo e ne tantomeno nei teatri dei “cittadini”, che abbondavano per Napoli. La fortuna giunse nel 1781 con il primo contratto con il Teatro del Fondo di Napoli dopo diversi anni di attività nel Centro e Nord Italia. La carriera giordaniana iniziò a Napoli con la commissione di un “rifacimento” di una vecchia commedia in tre atti di Antonio Palomba, musicata già da Pasquale Anfossi e Pietro Alessandro Guglielmi nel 1763: “Lo sposo de tre e marito di nessuno” che sarà modificata da Giuseppe Mililotti per la prima opera dell’anno teatrale 1781e di due nuove composizioni: “La Fiera di Brindisi”, commedia per musica in tre atti di Giuseppe Palomba per la seconda opera, e “Il Convito”, una farsa annessa alla seconda opera.

Il Real Teatro del Fondo della Separazione, attuale Teatro Mercadante, fu inaugurato il 17 luglio 1779 con “L’Infedeltà fedele”, un dramma giocoso di tre atti di Gianbattista Lorenzi e musica di Cimarosa. Dalla prefazione del libretto si capiva subito che questo Teatro si prefiggeva come obiettivo un nuovo genere di opera di mezzo carattere tra buffo e serio, che all’epoca evidentemente era già affermato con le opere del poeta veneziano Carlo Goldoni. Non è un caso che dopo gli anni 60 del Settecento, le commedie goldoniane furono introdotte anche a Napoli con modifiche “alla napoletana” operate da librettisti partenopei, come Antonio Palomba e Giuseppe Mililotti. Questa nuova moda di fare commedia entrò nel gusto della corte di Re Ferdinando IV, che, per la prima volta, si recò al Teatro Nuovo nel giugno del 1776 per la rappresentazione in prima assoluta de “Dal Finto il vero” di Paisiello. L’inaugurazione del Teatro del Fondo, trasformato in teatro reale per le commedie, iniziava a riflettere un momento di equilibrio tra le due sfere sociali del tempo, il popolo e la Corte: da una parte la famiglia reale contaminata dalla moda del popolo, mentre dall’altra il mondo cittadino che iniziava ad invadere la cultura della Corte. A Napoli, come nella maggior parte dei teatri cittadini italiani, l’anno teatrale cominciava dalla Pasqua di Resurrezione e finiva nell’ultimo giorno di Carnevale dell’anno successivo. Il compositore, di solito, riceveva una parte del suo compenso prima di mettere l’opera in scena, come caparra. Gli spettacoli in un anno teatrale venivano interpretati, normalmente, dagli stessi cantanti, che formavano un gruppo stabile, come gli strumentisti e gli altri personaggi. I compensi per gli strumentisti nel 1781 erano pagati in rata trimestrale, ossia ogni periodo di spettacolo. Persone che lavoravano dentro e dietro il sipario erano il vestiario, il parrucchiere, il macchinista, il copista, il suggeritore, i sediari, il notaio, gli stampatore, legatore e il ricamatore dei libretti. Tutte queste notizie hanno contribuito alla ricostruzione di come potevano essere allestite alla fine del Settecento le opere del nostro indimenticabile Giuseppe Giordani. Una preziosa collezione di manoscritti d’opera della seconda metà del Settecento, che fu realizzata dalla regina Maria Carolina e oggi conservata presso la biblioteca del Conservatorio di Napoli, consta di 170 titoli e testimonia le scene operistiche durante quello che fu il periodo più grande della storia musicale di Napoli.

 

Bibliografia

  • Charles Burney, The Present State of Music in France and Italy, London T. Becket and Co. in the strand, 1771;
  • Claudio Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, 7 vols., Cuneo, Bertola & Locatelli, 1990 – 94;
  • Ugo Gironacci, Il periodo Fermano di Giuseppe Giordani detto Giordaniello: 1789 – 1798, in Quaderni dell’Archivio Storico Arcivescovile di Fermo, I, n°1 (1986);
  • Benedetto Croce, I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del secolo decimottavo, Napoli, Pierro, 1891;
  • Vincenzo D’Auria, Il teatro del Fondo, vol.3, Napoli Nobilissima, Napoli, 1893;
  • Tobia Roberto Toscano (a cura di), Il Teatro Mercadante: la storia, il restauro, Napoli, Electa Napoli, 1989.

Fonti

  • Napoli, Archivio Storico dell’Istituto Banco di Napoli;
  • Napoli, Archivio di Stato di Napoli;
  • Napoli, Biblioteca del Conservatorio di Musica “San Pietro a Majella”;
  • Napoli, Biblioteca comunale di Napoli “Storia Patria”.

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