venerdì 3 Maggio 2024
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Ragazzo suicida nel carcere di Poggioreale: la straziante lettera dell’amica

Napoli. Due giorni fa l’ennesimo caso di suicidio nel carcere di Poggioreale. Questa volta a togliersi la vita è Luca, un giovane ragazzo d 24 anni accusato di maltrattamenti in famiglia e lesioni. Il giovane sarebbe stato colpito dal rimorso e per questo motivo si è impiccato nella sua cella.
Quello di Luca è solo l’ultimo di tanti episodi simili che sembrano, ormai, non far neanche più notizia. Solo numeri da aggiornare e nient’altro ma la questione rimane delicata e nonostante il dolore, è stata ben analizzata da Denise, un’amica di Luca, che lo ha salutato con una lettera tanto straziante quanto lucida.
Uè Luchino!
Vuoi sapere cos’è successo ieri? Una mega rimpatriata! Ho rivisto Eddy, Kekko, Armando, Valentina, Alberto, Gianluca. Incredibile, vero? Non succedeva da anni. Sai cos’altro è successo? Che ho letto il tuo nome rimbalzare mille e mille volte tra articoli di cronaca nera.
Per tutti adesso sei “il 23°esimo caso di suicidio in carcere dall’inizio dell’anno”. Per tutti sei “un ragazzo di 24 anni, tossicodipendente, accusato di maltrattamenti morto suicida a Poggioreale”.
Questa cosa mi sta facendo impazzire, Luca.
Impazzisco all’idea che chi non ti conosca sia pronto a puntare il dito contro di te, a giudicarti come l’ennesima falla della società, come un drogato, un violento, un debole, un fallito.
Impazzisco se provo a immaginare quali pensieri della tua mente irrequieta e tormentata come tutte le menti geniali, ti abbiano portato a compiere questo gesto.
Impazzisco se penso al dolore ineffabile che portavi dentro, alla tua angoscia, alla paura. Al fatto che te ne sia andato tutto solo. Al peso della vergogna che sentivi gravare su di te e che ti ha sopraffatto.
La verità, amico mio, è che a vergognarci dobbiamo essere noi, che non abbiamo saputo capirti veramente, che non siamo stati in grado di ascoltarti, di supportarti come andava fatto, e per questa grandissima colpa ti chiedo, se puoi, di perdonarci tutti.
Qui siamo così ottusi da continuare la caccia a chi abbia più responsabilità: se lo Stato, che non ha saputo tutelarti a dovere; se la Sanità, gli psichiatri, i medici, gli psicologi, le comunità di recupero, che non ti hanno riservato i trattamenti più adeguati ed efficienti; se la tua famiglia, i tuoi amici, o addirittura tu stesso, che “non ti sei lasciato aiutare”. Ma che senso ha domandarsi tutto questo? L’unica verità è che ora tu non ci sei più.
E allora abbiamo perso tutti.
Tu, sicuramente, sei quello che ha pagato il prezzo più alto.
Anima troppo buona, troppo sensibile, avevi gli occhi troppo pieni di poesia per continuare a guardare certe bruttezze e certi mali di questa mondo, che, come dicevi tu, ti stava troppo stretto.
Avremmo tutti voluto dirti che in te non c’è niente di sbagliato, che non sei solo, che una via d’uscita, in qualunque modo, avremmo potuto trovarla insieme, che ti amiamo esattamente così come sei. Che la tua voglia di riscatto e la tua giusta sensazione di essere votato a grandi cose erano la guida giusta da seguire.
Ma, come l’animale ferito non si lascia mai guardare negli occhi, non hai voluto che guardassimo fino in fondo al tuo male. Ed è comprensibile anche questo.
L’unica cosa che mi dà sollievo, adesso, è sapere che la tua mente e la tua anima hanno finalmente trovato la tregua che cercavano, un ristoro e una pace assoluti, eterni.
Ora finalmente tu stai bene, Luchì.
Qui, invece, senza i tuoi scherzi, le tue pazzie, i tuoi casini, senza il tuo sorriso bello come il Sole ci sono tanto vuoto, tante domande senza risposta, e tanto silenzio.
La nostra comitiva non sarà più la stessa senza di te.
Ti voglio e ti vorrò per sempre un gran bene, Luchino mio.
La tua amica, “che avresti portato con te nello zainetto”,
Denise”.

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