domenica 28 Aprile 2024
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Ristoranti cinesi: due morti in 1 anno. Colpa del sushi o di altri fattori?

A poche ore dalla tragedia che ha colpito la quarantenne napoletana, deceduta subito dopo aver mangiato pietanze orientali in un ristorante cinese, è già psicosi tra i consumatori che nelle ultime ore hanno ripreso a guardare con sospetto questo tipo di ristorazione, con evidente danno economico per tutto il comparto.
Ne parliamo con Enrico Schettino, responsabile della prima scuola di formazione chef di cucina giapponese, founder del gruppo Giappo Italia che ha aperto oltre 20 ristoranti etnici in Italia e volto tv della cucina giapponese e fusion.
“Ancora una volta – spiega Enrico Schettino – assistiamo ad una pericolosa commistione tra cucina cinese e giapponese, come se assimilassimo la cucina italiana a quella iberica solo perché entrambe europee.
Come già emerse dopo il tragico evento di 1 anno fa in cui perse la vita un giovane di 16 anni, la colpa non era imputabile al pesce crudo, ma alle condizioni igienico sanitarie del ristorante. Al netto delle reali cause del decesso della donna deceduta in questi giorni, che accerterà la magistratura, è difficilmente associabile la morte all’ anisakis presente a volte nel pesce crudo, in quanto i sintomi intestinali si manifestano dopo poco tempo, ma la morte non può avvenire dopo solo 1 ora dalla sua ingestione.
Preme sottolineare come in ogni tipo di gastronomia esistano dei rischi legati non solo al crudo (che peraltro ritroviamo anche nella cucina nostrana) ma anche a diversi altri fattori che l’utente tende a sottovalutare, soprattutto in favore del risparmio. Addossare la colpa al
Sushi è un grave errore mediatico: se una persona muore per aver mangiato una paella spagnola preparata in un ristorante cinese, la colpa non è imputabile alla paella!
Detto questo non bisogna abbassare i livelli di attenzione sul sushi: la presenza di un abbattitore come da normativa 2013 ma anche il problema dell’ incrocio di processo nella cottura e chiaramente di igiene dei locali e delle attrezzature. In più, è di tutta evidenza che il food cost cambia a seconda della materia prime di cui ci si serve, e tra queste non rientrano solo il pesce ma anche alghe, riso, ed altri ingredienti apparentemente innocui, ma fondamentali. Non ultimo, il processo di cottura e scolatura possono nascondere altre insidie germicide perché, ad esempio, anche il riso se non raffreddato velocemente dopo essere stato cotto può produrre due diversi tipi di tossine. “
Bisogna considerare, spiega ancora lo chef ed imprenditore, che i ristoranti gestiti da imprenditori non italiani acquistano anche le materie prime attraverso canali diversi da quelli che utilizziamo noi italiani.
In Campania sono stati censiti oltre 100 ristoranti “all you can eat”, mentre in Italia se ne contano oltre 1100, per un giro d’affari globale di
milioni e milioni di euro. Segno che la gente li frequenta e non poco”.
Da non sottovalutare l’aspetto economico/fiscale: gli imprenditori stranieri che investono in Italia beneficiano di agevolazioni fiscali per quasi 2 anni, salvo non chiudano e riaprano l’attività con altri amministratori, e finiscono per non pagar mai tasse; “ io sono amministratore delle mie società da 20 anni e verso quasi il 50% del fatturato in tasse – incalza Schettino – il che crea una vera e propria concorrenza sleale che sfavorisce gli italiani a favore degli stranieri”.
Di seguito il link al video dell’intervista ad Enrico Schettino nel corso della trasmissione RAI “Mi Manda Rai Tre”:  https://vm.tiktok.com/ZMYM49DBV/

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