venerdì 26 Aprile 2024
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Senza lavoro e senza casa, l’appello di un avvocato napoletano

NAPOLI. Riceviamo la lettera-appello dell’avvocato Vincenzo De Muro, penalista già appartenente all’Arma dei carabinieri. Criminologo forense/investigativo, criminalista, counseler professionista, (diritto penale, diritto processuale penale, esperto in criminologia clinica e psicopatologia forense, counseling vittimologico, specialista nella relazione d’aiuto con le vittime di reati e violenze “Investigation, security e intelligence expert”.

“Sono il praticante Avvocato Vincenzo De Muro, nato 56 anni fa a Napoli ed oggi domiciliato nel quartiere Chiaia, separato legalmente dal 2000 e padre di un figlio maggiorenne che vive con la sua mamma. Per esigenze professionali ho vissuto per svariati periodi presso diverse città italiane ed estere. Ho prestato alcuni anni di servizio nell’Arma dei Carabinieri, giovanissimo, ma, essendo forse a quel tempo fin troppo giovane ed inesperto per rimanere fermo nelle mie decisioni, complice la perdita della guida dei miei amati genitori, chiesi ed ottenni il Congedo Illimitato Provvisorio dall’Arma, rimanendo, comunque, sempre molto affezionato e quindi vicino alla “benemerita” e, di conseguenza, all’Associazione Nazionale Carabinieri (A.N.C.), presso la quale Associazione ho rivestito, nel tempo, le cariche di Collaboratore di Segreteria, di Alfiere, di Revisore Contabile, di Segretario di Sezione e di Segretario Particolare del Presidente.  All’epoca (già dagli anni “80”), molto affascinato dalle attività dell’Arma, mi avvicinai, “innamorandomene” all’attività di “Investigatore Privato”. Ho da allora volto questa professione per moltissimi anni, in realtà (a favore, talvolta, anche dell’Arma, in quanto Socio Effettivo e Carabiniere in congedo), in qualità di Collaboratore, Operatore, piuttosto che di Consulente per la Sicurezza Privata, per le Investigazioni e le Informazioni di ogni tipo.  Per arricchire le conoscenze professionali in tal senso, nonché il mio intero bagaglio culturale, nello stesso periodo intrapresi soprattutto ulteriori studi ed in particolare ho molto approfondito le mie conoscenze relative alle Scienze Investigative e della Sicurezza, alle Scienze Criminologiche, alla Psicologia, piuttosto che alla Sociologia ed alla Giurisprudenza, nonché, alla Criminalistica, alla Vittimologia, alle Scienze Forensi ed Umanistiche tutte.

Con tale bagaglio ho collaborato con numerose aziende del territorio nazionale ed ho svolto anche alcuni incarichi all’estero. Mi sono occupato di indagini di qualsiasi tipo, ad ogni livello, di Informazioni, di Investigazioni, Indagini, Ricerche, di Intelligence, di Antitaccheggio Investigativo, di Antifrode Assicurativa, di Sicurezza Privata, di Servizi di Accompagnamento e di Sorveglianza, di Vigilanza, di Controllo, di Recupero di Crediti e di tutto quanto attiene al settore in questione.

Dal 2008 e fino ad oggi, la mia vita è stata, però, un disastro continuo.
Nel maggio di quell’anno, la mia ex consorte sporse contro di me una denuncia-querela per delle irregolarità, a detta sua, sugli alimenti e mi ritrovai, così, implicato in un processo (accusato di ex art. 570 c.p.) durato oltre sei anni e terminato, in primo grado, con la mia condanna, emessa nel dicembre del 2011. Causa di tali mie vicissitudini legate alla separazione coniugale ed alla mancanza di lavoro, per un anno circa (2007/2008) mi trovai a vivere praticamente per la strada, già in quel periodo, con tutte le sofferenze fisiche e psicologiche anche abbastanza bene immaginabili. Per mia fortuna, dopo la brutta denuncia ricevuta dalla mia ex nel 2008 e tutte le vicissitudini successive, a Napoli, conobbi una giovane imprenditrice napoletana e nel 2010, insieme a lei,  riuscii a prendere in affitto un modesto appartamento a Giugliano in Campania, ove ho vissuto praticamente da solo, perché lei risiedeva di fatto a Napoli. Dal dicembre 2011 mi è però rimasto in capo quel “carico pendente” che all’epoca mi obbligò a dare le dimissioni ed a restare disoccupato da allora in avanti. Quel maledetto procedimento penale, ancora tutt’oggi pendente, che mi ha letteralmente bruciato la vita, precludendomi ogni possibilità di riprendere, fino ad oggi ancora, non solo quel lavoro, ma anche qualunque altro! Per quanto attiene alla ricerca disperata di lavoro mi vedo infatti, ogni Santo giorno, tutte le volte che presento il mio curriculum vitae e la mia candidatura, “chiudere la porta in faccia” anche per un la candidatura inoltrata per un semplice lavoro di impiegato, di operaio, di autista, guardiano notturno, ecc… Ricevo, in sintesi, soltanto tanti ulteriori dispiaceri e tante umiliazioni quotidiane. Di recente sono stato persino escluso, a priori, dal bando di Concorso per “Navigator”, sempre causa quel carico pendente.

Nella casa di Giugliano, inoltre, senza lavoro  e senza l’aiuto sia morale che materiale ed economico della mia ex compagna, son potuto rimanere pochissimo tempo. Non sono riuscito, infatti, più a pagare né il fitto né le utenze domestiche, quindi il proprietario mi ha fatto causa per morosità, costringendomi, nel giro di tre mesi, a lasciare l’abitazione. Cosa avvenuta il 12 novembre del 2018.  Dalla metà di gennaio del corrente anno avevo stipulato un regolare contratto di fitto temporaneo per una camera presso l’Istituto dei Salesiani “Don Bosco” di Napoli fino al 30 marzo, ma sono riuscito a restare lì solo per i mesi di gennaio e febbraio, perché, non riuscendo più a pagare il fitto, ho dovuto liberare la camera e andar via, finendo di nuovo per la strada, senza più nulla, fino alla fine di aprile, di nuovo occasionalmente aiutato ed ospitato per qualche giorno da amici e conoscenti, che mi hanno offerto vitto, alloggio e qualche soldo in tasca.  Per l’aiuto ricevuto in questo mio momento particolarmente doloroso debbo un particolare ringraziamento alle due Sezioni A.N.C. di Napoli (nelle persone dei Sigg. Colleghi Responsabili delle Sezioni di Napoli “S. D’Acquisto” e di Napoli “Ovest”) che mi hanno favorito sia con l’accoglienza a loro spese presso B&B e pensioni, ove ho potuto alcune volte sia rifocillarmi che pernottare, sia economicamente, con piccole somme di denaro elargite a mio favore a titolo di aiuto/sussidio.  Infine, verso la fine dello scorso aprile, i Vertici delle A.N.C. che mi hanno aiutato, oramai del tutto impotenti a far ulteriormente fronte alle mie diverse ed importanti problematiche, mi hanno indirizzato verso l’Istituto Religioso delle Suore della Congregazione delle “Figlie della Carità” di San Vincenzo De’ Paoli di Napoli, le quali Religiose mi hanno aiutato per qualche giorno, finché, impotenti anch’esse, hanno ritenuto opportuno presentarmi ai Vertici dell’Associazione “Giovani per San Vincenzo de’ Paoli” di Napoli. Ciò, all’inizio del mese di maggio del corrente anno. Dopo un primo colloquio selettivo tenuto i primi dello scorso maggio con dei responsabili dell’associazione predetta, in attesa di un responso definitivo sono stato accolto presso la neo-fondata “Casa dei Papà”, una Casa Accoglienza istituita presso la stessa struttura (l’Istituto Religioso delle Suore della Congregazione delle “Figlie della Carità”. Un appartamento ricavato presso una diversa ala della grande struttura, accessibile da ingresso separato), a favore dei Papà separati in difficoltà, dove ho ottenuto una piccola camera personale ed un bagno discosto. Per completare la procedura di accoglienza i responsabili mi hanno quindi invitato a svolgere altri colloqui informativi e colloqui psicologici, ai quali non mi sono comunque sottratto.  Però proprio durante l’ultimo colloquio, sostenuto il 17.06.2019, mi è stato comunicato che, a parere dei Responsabili della Casa dei Papà, non rientro nel “Target” del progetto della Casa, in quanto mio figlio è, seppure da pochi mesi, maggiorenne. Alla fine dei colloqui predetti è emerso che, non trovandomi nelle piene condizioni di essere ospitato, mi è stato negato il contratto per la permanenza definitiva e, quindi anche le certezze per il futuro. Per cui, mentre da un lato debbo ringraziare i responsabili della struttura che, tutto sommato, mi stanno dando un tetto ed una mano, dall’altra sono considerato come un precario. Ma altre problematiche si sono intrecciate con quanto finora esposto.

Infatti:
– dal novembre del 2018, avendo lasciato l’alloggio di Giugliano, ed anche se anagraficamente risulto sempre residente lì, non ho più una stabile dimora, non posso più avvalermi del Medico di Famiglia e ricevere consulenza/assistenza medica e sanitaria, per cui sto curando a modo mio una brutta otite catarrale, forse una labirintite, che dalla fine del mese di giugno mi sta facendo davvero soffrire molto e mi pregiudica ancor di più lo svolgimento sereno della vita;

– sono anche seriamente preoccupato relativamente al citato Reddito di Cittadinanza, di cui sono percettore (Lode a Dio) dal mese di maggio del corrente anno, in quanto, nonostante sin dal primo colloquio abbia chiesto ai Responsabili dell’Associazione una certificazione formale con la quale si attesti che lo scrivente vive stabilmente, dal 03 maggio 2019, presso la sopra citata struttura, allo scopo di ottenere un domicilio anagrafico o una residenza anagrafica, la mia richiesta, tante volte ripetuta sia verbalmente che per iscritto (con messaggi telefonici) mai è stata evasa.
Nonostante questa situazione lo scorso maggio ho versato alla stessa, come da loro richiesta verbale, anche una quota economica di €. 150,00 quale “contributo” (versamento documentabile).
Proprio a causa della mancanza di una mia dichiarazione di nuova residenza o domicilio, l’Inps locale mi ha già, dal mese di giugno scorso, ridotto l’importo del Reddito di Cittadinanza inizialmente erogatomi, motivo per cui non sono riuscito a versare altre quote all’associazione. Al momento usufruisco soltanto della camera e di un bagno attiguo e sembra che si stia preparando per me anche un formale invito a lasciare questa “Casa dei Papà”  e pare proprio che tale comunicazione presto mi sarà notificata.
Ma, devo trovare un lavoro, un lavoro anche qualsiasi, purché dignitoso e stabile, proprio per potermi permettere di prendere in affitto un privato alloggio nel quale dimorare e poter serenamente continuare la mia vita.

Infine dal giorno 27 ottobre i Sigg. Responsabili di questa struttura mi hanno verbalmente notificato la loro decisione di mandarmi via. Dovrò lasciare entro pochi giorni, tanto mi hanno intimato verbalmente, questa casa. Stanno premendo per ottenere ciò e credo che già domani ritorneranno per mandarmi via. Finirò, lo sanno bene, in mezzo alla strada!!! Cerco, oltre il lavoro, quindi, con estrema urgenza, un posto dove andare. Cerco, dunque, una casetta, un monolocale, una camera con bagno o altro. Posso e voglio pagare, premettociò. Sebbene una modica cifra, ma intendo e posso pagarla. Non posso e non voglio finire per la strada a “vivere”, anzi, a morire!!!”

De Muro dott. Vincenzo

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